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Cappi, tagliole e furti di pulcini dal nido: le vergognose attività dei bracconieri italiani

Tecniche, motivazioni, mercato nero e connivenze della caccia illegale in Italia. Dal vandalismo venatorio di chi spara “per sport” ai rapaci, al tornaconto economico della caccia al cinghiale e del traffico di uccelli “di piacere”.

A metà settembre ha avuto un certo risalto la notizia dell’arresto di due uomini in Sardegna, che pianificavano di attirare i Carabinieri Forestali con degli incendi per poi tenderli un agguato mortali. Non si trattava di criminali internazionali o killer coinvolti in traffici di droga, ma di bracconieri locali: ovvero cacciatori illegali, che volevano vendicarsi contro chi li aveva denunciati in precedenza. Nel 2018, secondo l’ISPRA e il Ministero dell’Ambiente, la lotta al bracconaggio in Italia ha portato alla luce più di 1000 reati, con più di 800 persone denunciate e 900 sequestri di armi e attrezzature illegali. Un terzo circa dei reati colpisce i volatili. “Ecosistema”, il programma radiofonico di Earth Day Italia trasmesso da Radio Vaticana, ha approfondito i motivi e le conseguenze di questo crimine ambientale, molto diffuso ma poco percepito dall’opinione pubblica, con Luca Demartini, coordinatore nazionale della vigilanza volontaria della LIPU Lega Italiana Protezioni Uccelli. L’intervista è stata rilasciata in occasione del ventennale dell’Oasi LIPU di Castel di Guido, a margine dell’intervento di Demartini che ha raccontato al pubblico l’attività di controllo venatorio contro il bracconaggio nella provincia di Roma.

Chi è, tipicamente, il bracconiere italiano?

A livello nazionale ci sono moltissime differenze tra i bracconieri. Possiamo distinguere i bracconieri per professione: persone che hanno stabilito che il proprio reddito debba venire in larga parte dall’attività di bracconaggio. Questi sono dediti soprattutto all’abbattimento e alla commercializzazione della carne di cinghiale, da questo punto di vista una delle specie più bracconate in Italia. Poi abbiamo i bracconieri per tradizione, ad esempio nel nord Italia, nel bresciano, dove la tradizione della caccia a [uccelli] migratori si è formata nei secoli scorsi. Allora era una delle poche metodologie possibili per il popolino di procurarsi delle fonti proteiche: si approfittava di quei pochi mesi all’anno (il periodo delle migrazioni in autunno e primavera, nda.) per cacciare il più possibile. La cosa oggi non ha più alcun senso, però queste tradizioni sopravvivono. Abbiamo grandi problemi di questo tipo (bracconaggio agli uccelli migratori, nda.) soprattutto in alcune zone della Lombardia, nelle isole ponziane e nelle isole campane dove, non esistendo diversa selvaggina, ci si concentra sui piccoli uccelli durante le migrazioni. Abitudini e tradizioni completamente anacronistiche.
Un fenomeno che è diffuso in maniera più o meno uniforme in tutto il paese è quello che definisco “vandalismo venatorio”, cioè un bracconaggio puramente vandalico: il violare le leggi che regolano l’attività venatoria per il gusto di tirare una fucilata in più; e questo purtroppo è diffusissimo. Lo riscontriamo in tutto il paese: ovunque le nostre guardie volontarie escano, o dovunque noi organizziamo un campo antibracconaggio, riscontriamo queste abitudini. Purtroppo [il vandalismo venatorio] ha un impatto molto sottovalutato, perché colpisce indiscriminatamente specie di tutti i tipi, tra cui anche molti rapaci.

Quali sono le tecniche di questo tipo di bracconaggio, soprattutto ai piccoli uccelli? e quali sono le specie che ne soffrono di più?

La tecnica principale di bracconaggio nei confronti degli uccelli è sempre la cosiddetta “uccellagione”: una cattura di massa, indiscriminata, non selettiva, fatta con le reti. La rete è certamente uno dei mezzi più usati e più antichi. Oggi, grazie ai controlli, è più difficile mettere le reti perché sono comunque impianti fissi e difficilmente occultabili, ma si è sviluppata tutta una serie di alternative. Nel nord Italia è molto diffuso l’utilizzo delle piccole tagliole e degli “archetti”, che sono dei micidiali marchingegni sui quali l’incauto uccello, soprattutto i pettirossi ma anche altre specie, si posa. L’archetto gli imprigiona e spezza le zampe, e l’animale rimane appeso agonizzante anche per un giorno, finché il bracconiere non passa a finirlo e a prenderlo. Ci sono ancora zone d’Italia in cui si utilizzano per esempio le cosiddette “panie”, cioè rametti ricoperti di sostanza appiccicosa, tipo colla per topi per intenderci, a cui gli uccelli rimangono incollati per poi essere prelevati.

A quale scopo? Immagino che il pettirosso e il cardellino non servano a scopo alimentare.

Purtroppo invece archetti, panie e tagliole portano tutte allo scopo alimentare, perché l’animale viene comunque ucciso. Gli animali catturati con le reti servono invece a scopo “ricreativo”, nel senso che vengono messi in gabbia e avviati ad un mercato di collezionismo di animali vivi o di piacere del possesso di animali vivi, che è molto più florido di quanto si pensi. C’è un grande traffico di cardellini, per esempio: a Napoli c’è la vecchissima tradizione della detenzione del cardellino; ma anche di fringillidi (fringuelli e simili, nda.) in tutto il nord Italia e anche nel resto del paese. Abbiamo avuto riscontri di persone che detenevano picchi, cince, rapaci, rapaci notturni che provenivano da catture in natura.

C’è un altro ramo molto remunerativo del bracconaggio: la predazione delle uova dai nidi dei rapaci; per farne che cosa esattamente?

Questo è un sotto insieme di ciò che raccontavo prima. Purtroppo vediamo che la falconeria sta tornando di moda ecco. Ciò provoca l’aumento dei prezzi degli animali, dei rapaci, e ovviamente la nascita di un mercato nero. Le uova, ma soprattutto i pulcini, vengono predati dai nidi essere allevati e avviati al mercato nero, dove sono venduti a privati dopo aver falsificato i certificati che devono forzatamente accompagnare questi animali. Bisogna ricordare che questi animali sono legalmente commerciabili, ma esclusivamente se vengono da allevamenti autorizzati. Si deve poter risalire alla filiera completa di provenienza dell’animale. Molto spesso in realtà i documenti che accompagnano questi animali sono falsi.

Da quanto ho capito è un mercato anche diretto all’estero.

Dall’Italia verso l’estero e anche, per alcune realtà, dall’estero verso l’Italia. In questo caso però si tratta più spesso di animali morti, che vengono avviati alla ristorazione in maniera del tutto illegale, anche con dei rischi per chi poi dovesse consumarli al ristorante, perché non passano per i controlli sanitari.

Di che animali stiamo parlando in questo caso?

Piccoli uccelli che arrivano soprattutto dal nord Africa e dall’est europeo.

Che cosa fa la LIPU? Chi sono le guardie venatorie? Come e quando agiscono?

Questa è una particolarità italiana, perché la nostra legge sulla caccia permette alle associazioni ambientaliste, venatorie e agricole di avere delle guardie giurate che si occupano della vigilanza sull’osservanza della legge stessa. In Italia la LIPU ha una sessantina di guardie venatorie volontarie che escono e fanno controlli. In questo momento, mentre parliamo, stanno facendo controlli sulla caccia. Purtroppo molto spesso riscontrano violazioni, spesso di natura penale. Sono volontari della LIPU: persone dai 18 ai 70 anni che hanno deciso di mettere il loro tempo a disposizione per contrastare attivamente il bracconaggio. Per diventare guardia della LIPU bisogna affiancare le guardie esistenti, e capire bene se è un’attività che fa per noi. Perché comunque è sempre un’attività “di prima linea”; estremamente interessante, foriera di grandi soddisfazioni: perché ci si sente veramente utili quando si riesce ad impattare su un fenomeno del genere; e foriera anche di grandi delusioni: perché non va sempre tutto nella direzione che si spera, e spesso si è a contatto con animali morti, il che non è proprio qualcosa che una persona appassionata di ambiente e natura ami vivere.

Che momento vive il bracconaggio in questi anni: è in aumento o in diminuzione? Che rapporto c’è fra il mondo della caccia legale e quello illegale, visto che anche le associazioni dei cacciatori fanno auto controllo venatorio?

Assolutamente: in Italia ci sono molte più guardie delle associazioni venatorie che delle associazioni ambientaliste. Purtroppo però noi continuiamo a riscontrare un numero elevatissimo di violazioni. Che rapporto c’è tra il bracconaggio e la caccia? Diciamo che c’è un bracconaggio, quello professionale, che è quasi delinquenza abituale ed è fuori dal mondo della caccia. Purtroppo però, all’interno del mondo della caccia, c’è quel bracconaggio, quel vandalismo venatorio di cui dicevo prima, che va dallo sparare alla specie non consentita fino all’utilizzo del richiamo elettromagnetico. Questo è uno strumento assolutamente vigliacco, perché con una registrazione elettronica si attirano gli animali per sparargli; al loro allontanarsi si riesce ad attirarli nuovamente per sparare ancora e ancora. Con questa tecnica vengono abbattute (da un solo cacciatore, nda.) centinaia e centinaia di allodole. Noi vediamo, direttamente in campagna, come in mezzo a cacciatori che non lo utilizzano, ci sono tanti cacciatori che lo utilizzano e, mi spiace, non vediamo mai chiamare le forze dell’ordine. Questa è la realtà che ci troviamo quotidianamente davanti. Quindi c’è forse una sorta di spirito di corpo tra i cacciatori che fa sì che, anche se non compiono atti illeciti, non si espongano per evitare che accadano.

Il bracconaggio è un pericolo soltanto per le specie animali o anche per l’uomo in qualche maniera? Ha delle conseguenze per esempio su chi vive in campagna?

Ci sono due livelli di risposta. Un danno all’ecologia è sempre un danno all’uomo. Dobbiamo mantenere questo ambiente innanzitutto perché è la nostra casa. Non dobbiamo pensare che uccidere un cardellino sia qualcosa che riguarda solo il povero cardellino. Dobbiamo renderci conto che uccidere il cardellino è un danno che influisce direttamente su tutti noi. Quindi il bracconaggio crea danno non solo a chi abita in campagna. Il secondo livello è che si utilizzano spesso armi con più colpi di quanto sia consentito; si caccia a volte vicino alle case; si caccia di notte, in contesti poco sicuri. Ovviamente, ovunque ci siano armi c’è anche un pericolo di riflesso per chi c’è intorno. Lo vediamo nella cronaca quotidiana, dove sia il bracconaggio sia la caccia legale provocano incidenti, feriti e morti. Poco importa se i morti sono cacciatori o non cacciatori: provocano morti. Quindi, comunque, sono attività che vanno fatte nel rispetto “pignolo” di ogni norma; cosa che non accade sempre. Non inventiamo niente: anche in questi giorni ci sono state notizie di persone morte, soprattutto nella caccia al cinghiale. Questo non per il cinghiale, ma perché si utilizzano munizioni pesanti e quindi l’incidente ha conseguenze sicuramente maggiori di quello provocato da un colpo di fucile caricato a pallini piccoli per dei piccoli passeriformi.

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