Sebastiao Salgado - Foto da Instituto Terra
Pianeta

Addio a Salgado, custode della Terra

Ricordo di Sebastiao Salgado, più che fotografo: artista, umanista, testimone e protagonista delle lotte per difendere la natura e i popoli originari dalle minacce che li affliggono.

Nella ridda di testimonianze, filmati e citazioni della vita e dell’opera di Sebastiao Salgado che in queste ore pervade l’arena mediatica, può capitare di ascoltare una recente intervista in cui egli stesso tranquillamente afferma di non ritenersi un artista, ma un semplice fotografo: uno che ha fatto solo il suo lavoro.

Foto da Instituto Terra

Fotografo lo è stato di certo, tra i più grandi degli ultimi 50 anni: ha raccontato guerre, rivolte, il lavoro in fabbrica, quello nei campi; i drammi dei profughi, dei migranti, dei minatori/schiavi; la lotta per la sopravvivenza dei popoli indigeni nelle foreste che vanno scomparendo e nelle pianure bruciate dalla siccità.

Artista lo è stato forse ancor di più, nonostante le sue parole: ha reinventato il bianco e nero con una definizione dei contrasti che eguagliano la potenza del colore; e ha giocato con i piani dell’inquadratura con tanta maestria che risulta difficile stabilire se siano più riconoscibili i suoi paesaggi a perdita d’occhio o i suoi ritratti di indigeni, i gruppi umani “messi in scena” come su un dipinto, o gli animali che sembrano muoversi nei suoi fotogrammi.

Fin qui stiamo soltanto rendendo omaggio a un fotografo o a un artista: grande certamente; destinato alla memoria dei posteri, sicuramente. Ma Salgado è stato di più. È uno dei pochi esseri umani del nostro tempo andato oltre le promesse e le potenzialità del suo talento: ha rappresentato un esempio di vita e di impegno. Un umanista e un ambientalista nel senso più nobile e completo dei termini: qualcuno che non si è limitato a testimoniare, denunciare, promuovere a parole ma che ha agito per lasciare il mondo, migliore di come lo ha trovato.

Alla fine degli anni ’90 ha avviato con la moglie Lélia Deluiz Wanick un progetto di restauro della natura di una valle che apparteneva alla sua famiglia, e che nei decenni precedenti era stata ridotta a una distesa brulla, con poca o nulla vegetazione. La famiglia Salgado ha trasformato migliaia di ettari ripiantando alberi e arbusti, che hanno richiamato animali e persino riavviato il ciclo dell’acqua. Un intervento che oggi è nozione comune, dopo anni di appelli per il restauro degli ecosistemi; ma allora era impresa pionieristica, se non disperata.

L’Instituto Terra – da lui fondato per dare una direzione scientifica a questo recupero e rappresentare un modello riproponibile altrove – lo ricorda oggi con parole come “maestro”, “ispirazione” ed “eredità”… e non si parla di fotografia, ma di “gesto d’amore per l’umanità” e “potere dell’azione”.

Earth Day Italia incrociò questa storia nel 2021, quando Juliano Ribeiro Salgado – figlio di Sebastiao e vicepresidente dell’Instituto Terra – in un video (che qui riportiamo) raccontò durante la maratona televisiva One People One Planet questa vicenda esemplare di amore per il pianeta e per le comunità locali.

L’esempio di vita è il lascito più importante di Sebastiao Salgado, poiché è andato oltre la grandezza del suo talento artistico. Come ha espresso Pierluigi Sassi nella conversazione con Giovanna Melandri (qui riportata) ambientata all’interno della mostra al MAXXI di Roma nel 2021, Salgado non ha “rubato” quelle magnifiche immagini di luoghi, persone e situazioni che oggi ammiriamo: le ha vissute, ci si è calato dentro per testimoniarle a pieno. Questo vissuto e la straordinaria esperienza dell’Instituto Terra sono mirabilmente raccontati da Wim Wenders e dal figlio Juliano Ribeiro Salgado in un documentario meraviglioso che per poco non vinse l’Oscar nel 2015: “Il Sale della Terra”; un’opera che rende omaggio nel migliore dei modi a chi oggi è tornato a quel tutto che ha tanto amato.

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