Ad Orbetello un progetto del CNR e dell’Università Roma Tre preleva biomasse naturali che soffocano la laguna, e le trasformano in combustibili per la produzione di energia.
Nell’ottica dell’economia circolare e del progressivo abbandono delle fonti fossili la soluzione dei biocarburanti derivati da biomasse sono un passaggio possibile, già utilizzato e, per alcuni aspetti, anche auspicabile; sebbene la combustione di biocarburanti presenti criticità simili sul piano del rilascio di elementi inquinanti.
Un indubbio vantaggio è che le biomasse sono materie prime “seconde”, rinnovabili, disponibili e facilmente reperibili in qualunque parte del mondo. I biocarburanti possono essere prodotti da vegetali appositamente coltivati, da scarti di agricoltura e silvicoltura, manutenzione del verde, raccolta differenziata di frazioni umide, smaltimento di alghe e altre piante marine. Appare ovvio che produrre carburanti da scarti di altre industrie e attività rappresenti di per sé un vantaggio sulla produzione di carburanti a partire da materie prime prelevate in natura, annullando le emissioni dell’attività estrattiva e agricola, e riutilizzando rifiuti e residui che altrimenti sarebbero inceneriti o destinati alle discariche.
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto sull’Inquinamento Atmosferico e l’Università degli Studi Roma Tre, sono impegnati nel progetto Rewarm: Renewable Energy from Waste Algae Recovery of Mediterranean Sea. La sperimentazione si concentra dunque sulle “promettenti” (come vengono definite) biomasse marine: alghe o residui di praterie sottomarine, recuperati dalle coste mediterranee dove si depositano naturalmente. In particolare le biomasse del progetto vengono prelevate dalla laguna di Orbetello: un ecosistema di pregio e molto fragile, che in questa fase storica soffre di una presenza eccessiva di alghe che, in questo modo, potrebbero essere non solo rimosse ma anche utilizzate per generare energia. Questi vegetali, infatti, vengono poi miscelati con altre biomasse di origine “terrestre” per trovare la combinazione più efficiente ad alimentare i combustori che trasformano la fonte in energia. Il progetto prevede anche la sperimentazione di un combustore a grandezza reale e l’analisi delle emissioni iniziali e finali, per evidenziare elementi inquinanti.
Ne abbiamo parlato con Ornella Chiavola, professore del Dipartimento di Ingegneria Industriale, Elettronica e Meccanica di Roma Tre, referente del progetto Rewarm.
Com’è nata l’idea del progetto Rewarm?
L’idea alla base del progetto è nata dal connubio di due elementi: la mia conoscenza da più di 35 anni dell’Argentario, ed i ripetuti confronti sul tema con figure di riferimento del luogo.
Da qualche anno sono coinvolta nelle attività didattiche che l’Università Roma Tre ha avviato nel Polo di Ostia, nei corsi di laurea e laurea magistrale in ingegneria meccanica, con un curriculum specifico dedicato alle tecnologie per il mare.
Il progetto è stato concepito mettendo insieme diverse anime: accanto al Dipartimento di Ingegneria Industriale, Elettronica e Meccanica di Roma Tre, è coinvolto anche l’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del CNR.
Qual è la situazione della laguna di Orbetello che l’ha resa adatta a questa sperimentazione?
La Laguna di Orbetello è una zona umida di interesse internazionale, caratterizzata da una profondità media di circa un metro, da volumi molto ridotti di scambio con il mare, e da correnti di marea che interessano solo le aree prossime ai canali che comunicano con il mare.
È un ambiente fortemente eutrofico (ricco di sostanze nutritive, ndr.). L’eccessivo apporto di nutrienti determina una crescita eccessiva di alghe; soprattutto di macroalghe. La loro morte ed il conseguente accumulo di biomassa sul fondale, la carenza di ossigeno, aggravate da periodi di caldo intenso, determinano un processo di decomposizione del materiale organico con formazione di gas tossici. Ad esempio l’idrogeno solforato, responsabile di crisi distrofiche come quelle delle estati del 2015 e del 2024 che hanno comportato un’eccezionale moria di pesci.
Per consentire la salvaguardia dell’ecosistema e le attività di pesca, negli anni ci si è affidati alla rimozione delle biomasse algali. Vengono raccolte mediante imbarcazioni e con sgrigliatori, posizionati in località Peschiera di Ansedonia, e successivamente smaltite in diversi impianti.
La raccolta, il trasporto e lo smaltimento delle alghe sono operazioni onerose, in virtù della tipologia di biomassa, contenente almeno il 50% di acqua.
Come avviengono la scelta, il prelievo e poi l’utilizzo delle alghe?
Le attività iniziali sono state dedicate all’analisi delle potenzialità delle diverse biomasse algali presenti in laguna mediante analisi effettuate presso il CREA – IT (Centro di ricerca Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari). In base al tenore di umidità e al potere calorifero, avevamo selezionato la cloroficea ‘Chaetomorpha linum’; purtroppo la crisi distrofica della scorsa estate ha completamente demolito il banco presente in laguna e quindi abbiamo dovuto utilizzare la ‘Ulva lactuca’ presente in alcuni bacini in prossimità del canale di Nassa.
A valle della raccolta, le alghe sono state portate in un impianto a Rignano Flaminio, gestito dalla Aster Energetica con cui collaboriamo da molti anni, destinato alla combustione di biomasse e residui in un reattore a letto fluido. Le alghe sono state utilizzate in co-combustione con del cippato. Lo studio ha valutato la possibilità di utilizzare tale tecnologia con alimentazione di miscele contenenti biomasse residuali marine.
Come funziona questo impianto?
Si compone di una sezione di alimentazione costituita da un fondo cocleato e da una camera di combustione realizzata con mattoni refrattari. La combustione avviene all’interno di un letto di sabbia mantenuto allo stato fluido dall’iniezione d’aria ad alta temperatura. I fumi di combustione attraversano uno scambiatore dove scorre acqua utilizzata come fluido termovettore; prima di raggiungere il camino sono depolverizzati mediante un sistema a secco costituito da un filtro multiciclone e da un filtro a maniche in serie. Le ceneri prodotte durante l’intero processo sono convogliate in un sistema di stoccaggio per lo smaltimento e il riutilizzo.
Quali sono i primi risultati sperimentali?
Durante la sperimentazione, l’impianto è stato inizialmente alimentato con solo cippato, in modo da avere una base da confrontare con i dati ottenuti in caso di alimentazione con la biomassa algale. Successivamente si è passati ad una miscela alghe/cippato, costituita dal 25% in peso di alghe e 75% da cippato (in volume 2 m3 di alghe e 3,4 m3 di cippato). L’efficienza media del processo di combustione è stata pari al 75%, con un consumo medio di biomassa pari a 136 kg/h. La potenza media dell’acqua surriscaldata è stata 250kW.
Per analizzare la composizione dei fumi di combustione, sono state posizionate sonde di campionamento lungo la parte terminale del camino. In particolare, sono state predisposte tre sezioni di presa dei campioni di fumi, due delle quali necessarie per poter misurare la concentrazione di micro e macroinquinanti, mentre la terza costituita da un filtro per l’analisi del particolato.
Stiamo procedendo all’analisi della composizione dei fumi di combustione e delle ceneri. I primi dati ottenuti hanno evidenziato, con riferimento ai macroinquinanti, un incremento di emissioni di NOx ed una riduzione delle emissioni di particolato, rispetto all’alimentazione con solo cippato. Dall’analisi relativa ai microinquinanti, è stato evidenziato un incremento di acidi alogenidrici.
I dati ottenuti dall’esame delle ceneri hanno evidenziato un incremento di magnesio, calcio e potassio. Stiamo ora completando le analisi del contenuto di mercurio e diossine.
È già ipotizzabile replicare questo progetto o immaginare applicazioni future?
Completate le analisi e l’elaborazione dei dati, potranno essere effettuate delle valutazioni sulle prestazioni del sistema, come anche eventuali modifiche per ottimizzare il processo in termini di efficienza energetica e di impatto ambientale. Saranno, inoltre, considerate anche alimentazioni con altre tipologie di alghe.
Solo a valle di queste fasi sarà possibile effettuare un’analisi della fattibilità tecnico-economica della soluzione proposta, che si propone di trasformare un rifiuto in una risorsa. Questa soluzione potrà essere sinergica con altre strategie di intervento perché, a parer mio, solo una combinazione di interventi mirati consentirà di trovare una soluzione definitiva al complesso problema della laguna.