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Rifiuti nei porti: Italia e Francia alla ricerca di un protocollo comune

Un anno di GRRinPORT, il progetto che mira al miglioramento della gestione dei rifiuti, dei reflui e dei sedimenti nelle acque portuali

Nell’aprile 2018, a Livorno, è partita la fase sperimentale del progetto GRRinPORT, un protocollo per la gestione sostenibile dei rifiuti e dei reflui nei porti. Il progetto, condiviso tra Italia e Francia, ha lo scopo di migliorare le acque e i fondali degli approdi dei due paesi diminuendo l’impatto sull’ambiente marino delle attività portuali e dal traffico marittimo.

Alessandra Carucci, docente di Ingegneria Sanitaria e Ambientale all’Università di Cagliari e responsabile scientifica del progetto GRRinPORT ne parla intervenendo su Ecosistema, programma di Earth Day Italia trasmesso da Radio Vaticana Italia

  

Quali sono gli obiettivi del progetto?

Obiettivo generale è quello di migliorare la qualità delle acque marine nei porti limitando l’impatto dell’attività portuale e del traffico marittimo, in particolare per quanto riguarda la gestione sostenibile dei rifiuti, dei reflui e dei sedimenti movimentati. Poi ci sono degli obiettivi specifici che sono di arrivare a un miglioramento della gestione dei rifiuti prodotti dal traffico marittimo e anche dalla stessa l’attività portuale predisponendo un piano d’azione condiviso che riporti anche delle indicazioni sulle migliori procedure per ottimizzare e armonizzare le modalità di gestione dei rifiuti almeno dei porti coinvolti nel progetto, ma l’obiettivo è quello di arrivare a un’armonizzazione delle modalità di gestione in tutto il bacino del Mediterraneo.

 

Quali sono i principali rifiuti che si trovano nei porti?

I rifiuti prodotti dalle imbarcazioni sono i più vari, dal rifiuto urbano o assimilabile ai rifiuti prodotti normalmente nelle abitazioni a rifiuti che possono essere anche pericolosi.

Possono essere rifiuti che contengono idrocarburi, che ovviamente sono quelli che generano maggiori problemi di contaminazione delle acque, ma ci sono anche rifiuti che derivano dalle stesse normative che impongono dei limiti restrittivi sulle emissioni in atmosfera delle navi che comportano l’utilizzo di filtri e prodotti chimici che in qualche modo poi sono un rifiuto da smaltire in porto.

Si passa quindi dai rifiuti più diciamo facilmente gestibili a quelli che richiedono un trattamento particolare.

 

Non esiste un protocollo comune per la gestione dei rifiuti?

C’è la Convenzione Marple che è quella internazionale per la navigazione, poi c’è una direttiva europea che è in fase di aggiornamento. Nel nostro progetto stiamo cercando di perseguire dei piani di raccolta e di gestione dei rifiuti comuni, possibilmente anche dei sistemi di raccolta dati perché è importante avere un adeguato sistema di comunicazione, soprattutto quando si parla di grosse navi che si spostano da un porto all’altro.

Ci sono delle regole che prevedono che le navi possono scaricare rifiuti in porto oppure possono tenerli a bordo se dimostrano di avere una capienza sufficiente per arrivare al porto successivo: il problema è che a volte si concede di non scaricare in porto, ma nessuno poi va a verificare che effettivamente questa capienza quindi ci vorrebbe un sistema di raccolta dati condivisi e simili relativi ai rifiuti ricevuti nei vari porti in modo che poi si possa meglio controllare cosa fanno le navi.

Altro aspetto su cui ci vogliamo soffermare riguarda le imbarcazioni da diporto quindi le piccole barche a vela o le piccole imbarcazioni che tendono a sversare in mare. Le nuove normative impongono che le nuove barche siano dotate di serbatoi per la raccolta dei reflui, ma le vecchie ancora non li hanno e, anche quando li hanno, spesso quando queste barche arrivano in porto non trovano un sistema per svuotare i serbatoi.

Come azione pilota vogliamo acquistare una o due centraline per svuotare i serbatoi delle imbarcazioni e un’altra azione che vogliamo fare è di sensibilizzare i diportisti a non sversare in mare l’olio di cucina per cui regaleremo delle tanichette di stoccaggio che poi potrà essere sversato in porto.

L’ultimo aspetto riguarda i pescatori perché abbiamo notato che molta della plastica che si raccoglie in mare viene da attrezzature per la pesca per cui forse bisognerebbe fare un discorso di ritorno in qualche modo al passato e all’uso di materiale più naturale. C’è poi il problema della regolamentazione: deve uscire una nuova norma, ma attualmente i pescatori che con le loro reti ripescano dal mare rifiuti plastici non possono riportarli in porto a meno di pagare una tassa per lo smaltimento. Dovrebbe uscire un decreto ministeriale, ma in qualche porto si stanno già facendo delle azioni per favorire il fatto che i pescatori che recuperano rifiuti plastici in mare possano poi effettivamente conferirli in porto senza essere penalizzati.

 

Il progetto è triennale ed è partito lo scorso anno. Pochi giorni fa c’è stata Livorno l’ultima tappa di un tour che ha toccato le città protagoniste, Bastia, Cagliari e appunto Livorno. Cosa è successo e quali sono gli step successivi del progetto?

Abbiamo organizzato seminari nei tre porti principali coinvolti dal progetto allo scopo di coinvolgere gli stakeholder quindi le parti interessate, i soggetti che in qualche modo possono avere delle relazioni con le attività del progetto, che possono andare dalle autorità portuali, ai gestori delle marine, ai gestori dei servizi di raccolta e trattamento dei rifiuti e delle acque reflue, alle compagnie di navigazione etc, per avere un confronto con loro, presentargli le attività che stiamo svolgendo e intendiamo svolgere nell’ambito del progetto e ascoltare le loro proposte, i loro interessi e trovare delle possibili collaborazioni.

Alla fine l’obiettivo sarà sviluppare dei piani di azione per la gestione dei rifiuti, dei reflui e dei sedimenti per cui vorremmo individuare dei sistemi di trattamento ottimali in funzione delle caratteristiche e il tutto sarà fatto attraverso delle azioni pilota, in parte già avviate e in parte in fase di avviamento.

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