Ecosistema affronta il tema della sicurezza alimentare globale e delle soluzioni sostenibili per un’agricoltura che impatta sempre più sull’ambiente. Ospite della settimana: Emma Marzi, antropologa e ricercatrice, attivista per l’accesso alla terra e lo sviluppo delle aree interne.
Secondo le ultime stime della FAO la fame è un problema quotidiano per circa 700 milioni di persone, l’8% della popolazione mondiale. Il dato è in calo, ma siamo ancora lontani dall’obiettivo “Fame Zero” che le Nazioni Unite hanno fissato con l’Agenda 2030 appunto entro i prossimi 5 anni.
La percentuale sale al 28% se parliamo di insicurezza alimentare: quindi per oltre un quarto dell’umanità (2,3 miliardi di persone) procurarsi il cibo rappresenta un problema definito tra “moderato” o “grave”.
La situazione in generale migliora in Asia e Sud America, ma peggiora in Africa. Questo problema inoltre colpisce più nelle aree rurali che in quelle urbane, e più le donne che gli uomini.
Potremmo pensare che negli ultimi anni gli indicatori degli impatti ambientali siano migliorati, ma non è così.
Il 70% dei prelievi di acqua dolce nel mondo sono destinati alla produzione agricola: irrigazione, acqua per gli animali allevati, e coltivazione di vegetali destinati agli allevamenti
L’uso dei pesticidi, dal 2000 in poi è aumentato del 62%. Nelle americhe si usano la metà dei pesticidi del mondo. Nei primi 20 anni del secolo le emissioni di gas serra del settore agricolo-alimentare mondiale sono aumentate del 10%. La metà di queste emissioni avvengono all’interno delle aziende agricole (le altre da trasporti, trasformazione ecc.). Un quarto sono dovute all’allevamento.
Nello stesso periodo la produzione di coltivazioni primarie (grano, mais, cereali) sono aumentate di oltre il 50%, quella di carne di un altro 50% (di cui la metà pollame). Gli oli vegetali (soprattutto quello di palma) sono aumentati del 125%

Ci sono diverse soluzioni per rendere l’agricoltura più sostenibile. La forma più nota al pubblico è l’agricoltura biologica: la coltivazione che evita l’uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici. Nell’UE il 10% delle coltivazioni è biologico, ma nel resto del mondo soltanto il 2%, e negli Usa l’1%. L’Austria è il paese che ha convertito al biologico più coltivazioni: il 26%; l’Italia è sopra la media europea con il 17%.
Oltre il concetto del biologico, la definizione ombrello di agroecologia comprende altre soluzioni di sostenibilità per l’agricoltura: dal punto di vista ambientale ma anche da quello sociale.
Sul fronte dell’ambiente c’è ad esempio l’agricoltura biodinamica, che prevede il rispetto delle stagionalità e l’utilizzo di sostanze naturali per arricchire il suolo; quella rigenerativa, che promette non solo di non esaurire o mantenere la fertilità dei campi coltivati, ma anche di rigenerare i terreni degradati ripristinandone la naturalità.
Sul piano sociale invece si può parlare dell’agricoltura di comunità: cioè della creazione di un interesse comune nella produzione agricola e nella cura della terra non riservato ai soli agricoltori ma allargato anche ai consumatori dei prodotti coltivati. Una formula che ci riporta all’alba dell’agricoltura come attività umana, che coinvolgeva e legava in un destino condiviso tutti i membri di una tribù, di un villaggio o di una città.
Ne abbiamo parlato nella puntata di questa settimana di “Ecosistema”, la rubrica radiofonica di Earth Day Italia trasmessa da Radio Vaticana, ospitando Emma Marzi: una ricercatrice in antropologia ed ecologia politica, attivista per l’accesso alla terra, e la rigenerazione delle aree interne. Di seguito il podcast della trasmissione.