Economia

“Lavoro e non solo”: agricoltura sociale in terra di mafia

Auser racconta il lavoro di una cooperativa siciliana che produce alimenti bio in terreni confiscati alla criminalità.

Negli ultimi 20 anni, dal 2000 in poi, diversi beni patrimoniali confiscati alle famiglie mafiose più note di Corleone e di altri comuni siciliani, sono stati destinati a progetti sociali. La cooperativa “Lavoro e non solo” dispone di diversi ettari di terreni e di alcuni edifici, una volta appartenenti ai Riina e ai Provenzano. Su quelle terre e tra quelle mura oggi si coltivano grano, legumi e ortaggi biologici; si tengono corsi e soggiorni di lavoro, e si confezionano prodotti alimentari di qualità; tutto in nome della legalità e del riscatto sociale. “Ecosistema”, il programma radiofonico di Earth Day Italia su Radio Vaticana, ne parla Enzo Costa, presidente nazionale di AUSER, l’Associazione per l’Invecchiamento Attivo che recentemente ha avviato una collaborazione con la cooperativa “Lavoro e non solo”.

Presidente, dopo aver visitato la cooperativa “Lavoro e non solo” di Corleone, qual è stata la sua impressione dal vivo? Che cosa rappresenta questa impresa sociale?

È una cooperativa sociale che ormai opera da circa vent’anni. Ha la sede e i laboratori a Corleone, proprio nel centro del paese, in beni confiscati alla mafia. Poi ha 150 ettari di terreno nel territorio di Corleone e altri ettari nel territorio di Monreale, quindi stiamo parlando di appezzamenti di terra “importanti”. In questi vent’anni ha portato avanti delle coltivazioni che ormai sono un punto di riferimento nella zona, perché sono biologiche e recuperano i grani antichi, come quello “Senatore Cappelli (una varietà di grano duro, nda). La cooperativa ha una certificazione che gli consente di commerciare i propri prodotti come biologici. Sia la lavorazione agricola sia la trasformazione sono totalmente artigianali, nel senso che la pasta è quella di una volta.

Il lavoro di questa cooperativa non è rilevante soltanto dal punto di vista agricolo, biologico e ambientale. C’è un’alta valenza sociale in ciò che succede a Corleone da vent’anni.

Il valore di questa attività è enorme, perché coinvolge i giovani. In questi venti anni la cooperativa ha coinvolto più di cinquemila giovani, che con i campi di lavoro hanno dato vita alle attività. È un presidio sociale, perché oltre a gestire i campi e l’ostello (il punto di raccolta dove i giovani mangiano e dormono) c’è anche l’edificio di tre piani, sempre a Corleone, con un laboratorio e un museo, dove si racconta la storia della mafia, e del movimento anti mafia, dalla fine dell’Ottocento fino all’arresto di Provenzano. Perché fino all’arresto di Provenzano? Perché l’immobile è un bene confiscato proprio a lui. Per cui è un’attività carica di valori. Valori che si stanno perdendo e devono essere mantenuti.

Chi sono le persone che lavorano in questa cooperativa?

La cooperativa ha come soci sovventori ARCI, Unicoop Tirreno, la Compagnia Portuale di Livorno, e adesso c’è anche l’Auser nazionale. Lavora attraverso la promozione del servizio civile e il coinvolgimento di giovani e anziani, perché ormai siamo in una fase che tenta di coinvolgere tutta la società. Inoltre, al proprio interno ha delle figure professionali che servono a coordinare il lavoro. È qualcosa di piccolo, ma nello stesso tempo con dei valori enormi. Si rinnova ogni anno. Ogni anno è una scommessa perché bisogna ricostruire la partecipazione, ed è qualcosa che dà degli stimoli enormi. Non è come gestire un’attività imprenditoriale: è vera e propria economia sociale.

Lei ha fatto cenno all’ostello: è dedicato al giudice Caponnetto. Chi vive nell’ostello?

Nell’ostello vengono ospitati i ragazzi che si alternano per andare a lavorare: a fare i campi di lavoro e della legalità. Perché non è solo il lavoro: insieme c’è tutta una parte teorica in cui studiano e gli vengono raccontate le origini della mafia e dei movimenti antimafia. Quando sono andato in visita c’era un gruppo di ragazzi di Bolzano, posto lontanissimo da Corleone. Questi ragazzi sono rimasti lì quindici giorni. Quindici giorni in cui gli anziani danno una mano in cucina, nei servizi logistici e in termini di competenze nelle coltivazioni e nei terreni; e i ragazzi ci mettono un mare di buona volontà. Chiaramente ancheci sono attrezzature e persone esperte nella coltivazione. È davvero una scuola di solidarietà.

Auser è diventato da poco socio sovventore. In che cosa si traduce questo matrimonio?

Intanto si traduce versando un contributo annuo come socio sovventore, per fare in modo che questa cooperativa continui a vivere. Poi veicolando una parte del prodotto, costituito da pasta, ceci e lenticchie nelle campagne di raccolta fondi della nostra associazione. Stiamo parlando del prodotto secco, mentre gli ortaggi stagionali vanno verso i mercati. La nostra associazione fa una raccolta fondi attraverso la pasta che chiamiamo buona “due volte”: perché è buona da mangiare e perché trasmette un messaggio di legalità e di solidarietà. Il termine legalità non dobbiamo mai dimenticarlo. Inizieremo con il primo anno a commercializzare più di 10-12 mila pacchi di pasta; per arrivare a numeri molto più importanti, anche doppi e tripli. Dico “commercializzare” in maniera impropria, perché la pasta verrà venduta nei banchetti di racconta fondi nelle piazze di tutte le città italiane. Una parte di quei fondi andrà alla cooperativa, una parte a finanziare l’attività dell’Auser. Nasce così il connubio, il lavoro in comune tra Auser e la Cooperativa Sociale “Lavoro e non solo”.

Ultimamente avete lanciato un appello per aumentare il bonus per l’abbattimento delle barriere architettoniche, a favore ovviamente della popolazione anziana. Qual è la situazione attuale e come vorreste cambiarla?

La situazione attuale è drammatica. Tutti, anche l’ultima ricerca del Censis, dicono che gli anziani sono possessori di importanti patrimoni, a partire da quelli immobiliari, che poi è la casa di proprietà nella grande maggioranza. È un patrimonio immobiliare costruito quasi integralmente intorno agli anni ‘50 (questa è l’età media delle case in cui vivono gli anziani), e secondo l’ISTAT per il 70,6% è sprovvisto di ascensori. [Siamo] una popolazione che si candida ad invecchiare sempre di più: già oggi abbiamo il secondo indice di vecchiaia più alto del mondo dopo il Giappone, e siamo la nazione più vecchia d’Europa. Un’idea urbanistica e come devono essere gli alloggi in cui invecchiano le persone, dovrebbe far parte degli obiettivi che si pone una società civile. Per un anziano che supera gli 80 anni e gradualmente inizia ad essere non autosufficiente – e andando molto avanti con l’età si incontra anche con la non autosufficienza – non avere uno strumento che può apparire banale come l’ascensore, spesso e volentieri significa rimanere recluso in casa.
L’ascensore è sempre stato visto come uno strumento per abbattere le barriere architettoniche per i soggetti diversamente abili. Non ci si vuol mettere in concorrenza con loro, ma voglio ricordare che una buona parte, anzi la maggioranza di loro, sono anziani. Oggi abbiamo in Italia un bonus per abbattere le barriere architettoniche che copre il 50%, tra l’altro con [un’attesa] lunghissima del ritorno rispetto all’anticipazione [della spesa] del singolo: perché ci vogliono dieci anni per recuperare quella somma. Abbiamo letto che il Governo intende finanziare il rifacimento delle facciate [dei palazzi] con il 90%; è giusto parlare all’estetica degli edifici ma è ancora più giusto pensare alla funzionalità legata alle persone. La centralità della persona nella politica deve riprendere corpo. Da troppi anni la persona non è centrale in tutte le misure che vengono assunte. Per cui noi abbiamo lanciato un’idea che vuole essere anche una provocazione: si possono finanziare il rifacimento delle facciate esterne, ma proviamo anche ad aumentare, almeno fino al 70%, il bonus per l’installazione di ascensori. Abbiamo il 30% degli anziani ultra ottantenni che vivono soli. Vivere soli, con scarsa funzionalità in termini di movimento, in un appartamento magari di proprietà ma senza l’ascensore, è un vivere a volte in totale reclusione. Lo dice il presidente di un’associazione che ha un numero verde il “Filo d’argento” (il numero di assistenza telefonica gratuita 800-995988), che ogni anno riceve un milione e mezzo di telefonate. Il 70% ci chiede compagnia, aiuto per portargli a casa la spesa, le medicine, un pasto caldo. La solitudine degli anziani è qualcosa di terribilmente attuale.

Articoli collegati

Il futuro dei parchi nel connubio con l’agricoltura?

Giuliano Giulianini

Verso un lavoro libero creativo e solidale

Pierluigi Sassi

Rudi Bressa: storie “incredibili” di trafficanti di Natura

Giuliano Giulianini