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Turismo sostenibile alla scoperta di luoghi segreti dentro e (poco) fuori Roma

Escursioni tra boschi, cascate e torrenti, alla riscoperta di chiese e acquedotti dimenticati dalla Storia. Gli “avventurieri” urbani riscoprono nei dintorni, e “dentro” Roma, itinerari nella storia e nella natura degni di un viaggio avventura. “Monumenti” da riportare alla luce e all’attenzione di chi voglia tutelare un patrimonio culturale di migliaia di anni che rischia di scomparire nell’oblio.

Vivere l’avventura senza bisogno di “comprarla”, viaggiando lontano con pacchetti turistici in luoghi esotici. Scoprire angoli nascosti di natura selvaggia appena fuori le porte della città. Scoprire monumenti dimenticati e ruderi antichi, persi tra campi e boschi, a pochi chilometri da casa. È quanto promette la guida “60 nuovi luoghi segreti a due passi da Roma”. L’autore, Luigi Plos, da circa vent’anni esplora i dintorni della Capitale cercando itinerari storico-naturalistici interessanti e ben nascosti; magari vicini o accessibili da arterie trafficate e centri abitati, ma dimenticati da una società che si muove soltanto lungo strade asfaltate e ben mappate. I frequentatori delle sue escursioni sono abituati a seguirlo alla scoperta di doline e cascate, antiche gallerie e vestigia di città perdute, senza bisogno di fare le valige e le vaccinazioni: perché la meta si trova praticamente a “chilometri zero” da casa. Per realizzare questa intervista per “Ecosistema”, ho incontrato Luigi Plos in occasione di una visita guidata in un luogo non proprio segreto, ma caratterizzato da angoli veramente nascosti: il Parco del Pineto. È un parco regionale di Roma, che si trova a due passi dal Vaticano; tant’è che gode di una splendida vista della cupola.

Partiamo da qui: che posto è questo? Perché è così importante portarci gente?

È un luogo assolutamente decontestualizzante e destabilizzante perché ci troviamo a 1700 metri in linea d’aria dalla cupola del Vaticano, e abbiamo intorno a noi un bosco selvatico intricato, delle sorgenti, delle erosioni argillose molto particolari, e animali selvatici che ora non vediamo perché è pieno giorno. Insomma un angolo di natura intatta, quasi al centro di Roma.

Il concetto dei “luoghi segreti a due passi da Roma” è andare in posti fuori sentiero, fuori mappa, ma allo stesso tempo a contatto con la nostra vita quotidiana. Dove sono e che cosa sono questi posti?

Infatti noi non andiamo proprio nella natura “sic et sempliciter”, ma andiamo nell’ambiente: ovvero natura più uomo. Anche se sembra selvaggio, questo luogo dove ci troviamo ora in realtà è frequentato da sempre: ad esempio in questo ambiente lavoravano i mattoni per il Papa (uno degli ingressi al parco si trova nell’antico “borgo dei fornaciari”, storicamente legato alla produzione di mattoni per la fabbrica di San Pietro, nda.). Ugualmente, intorno a Roma non esiste una natura “selvaggia”, anche se ha ripreso possesso di territori che erano stati abitati. Intorno a Roma ci sono sono tanti luoghi in cui l’uomo per tremila anni ha lavorato, ha operato, ha creato delle strutture, anche importanti, ora abbandonate a se stesse, che noi andiamo a riscoprire: cave romane, acquedotti e mulini antichissimi. Luoghi sorprendenti.

Questo è il quinto libro ed ha 60 itinerari; e mi sembra che quello precedente avesse 70 itinerari. È difficile fare una classifica, ma quali sono i posti dove hai veramente sgranato gli occhi quando li hai scoperti?

Nelle precedenti tre guide raccontai di 75 “luoghi segreti”. Nei due nuovi libri non sono più io a raccontare, ma tante persone del territorio che, su quello che avevo scritto inizialmente, hanno scoperto tanti luoghi nuovi. 60 nuovi, più 75 fa 135. In realtà sarebbero molti di più: abbiamo fatto una selezione. Ci sono luoghi sorprendenti, come per esempio il Fosso Rigomero. Non è vicinissimo a Roma, sta a Vetralla, però è un luogo in cui troviamo gallerie etrusche, pozzi da crollo, cascate, sorgenti, vie cave; tutto in duemila metri. Anche questo è luogo assolutamente destabilizzante.

La nostra trasmissione si chiama “Ecosistema” e in altri momenti promuove anche la mobilità sostenibile. Un “plus” delle tue guide è che si possono raggiungere questi luoghi anche senza l’automobile: con i mezzi pubblici in generale. È così facile?

È abbastanza facile. Quasi tutte le mete possono essere raggiunte, se non con l’automobile, col treno più la bicicletta. Ad un certo momento la bicicletta bisogna lasciarla e continuare a piedi; ma tanto nessuno la prenderà in questi luoghi, abbastanza sconosciuti.

Ascoltando le persone intervenute alla presentazione di libri, una delle domande frequenti è: “io sarei in grado di percorrere queste forre, questi canyon e questi acqua-trekking?”. Quest’attività è adatta a tutti?

Si, abbastanza. Dei 60 nuovi itinerari descritti nelle due ultime guide, la maggior parte è facilmente percorribile. Ci sarà il fango, troverete l’acqua; però non ci sono difficoltà particolari. A parte alcuni che sono esplicitamente indicati per persone esperte.

Questi luoghi sono stati nascosti dal tempo, dalla memoria, della Storia; e in qualche caso sono stati anche preservati da questo essere celati al mondo che cambiava intorno ad essi. Vale sempre la pena aprirli al pubblico? Scoprirli? Riportarli all’attenzione? Ci sono dei luoghi, fra questi, che corrono dei pericoli, se non vengono tutelati dalle autorità?

È la domanda delle domande. Per me tutti questi luoghi dovrebbero comunque essere conosciuti. La maggior parte di essi, comunque, è talmente difficile da raggiungere in modo “sistematico” tramite pullman, che viene frequentata da poche persone. La frequentazione è un bene, perché purtroppo chi vuole rovinarli, ad esempio buttando immondizie in modo illegale, sa benissimo dove sono. Quindi una frequentazione più sistematica, da parte di noi che amiamo la natura, può aiutare a vedere in che condizioni sono; anche perché alcuni di questi luoghi stanno franando, o stanno morendo, quindi è anche un modo per controllarli. Certamente la frequentazione non dev’essere eccessiva altrimenti si vanifica lo spirito originario. È un bel dilemma.

Molti di questi luoghi sono riferibili agli etruschi ma anche a insediamenti precedenti: sono stati abitati per migliaia di anni, dai tempi preistorici. Qual è l’importanza culturale di questa riscoperta? Una cosa che mi ha colpito nella presentazione di queste guide è il non riferirsi soltanto all’antichità romana, che è uno dei periodi della nostra storia, ma il far capire che questa regione, e l’Italia in generale, vantano una cultura che perdura ininterrottamente da molte migliaia di anni. Che cosa possono regalare queste “cento generazioni” precedenti agli italiani di oggi?

“Regalare” è la parola corretta. Ci hanno già regalato tutto. Abbiamo avuto una serie di geniali civiltà che ci hanno preceduto, a cominciare degli etruschi che hanno lavorato sul nostro territorio in modo creativo e operoso. Ciò che ha fatto l’impero romano non ha saputo farlo nessun altro impero della storia. Basterebbe che noi conservassimo ciò che abbiamo, lo tutelassimo, lo valorizzassimo in modo intelligente e sostenibile, per creare delle filiere turistiche che nessun altro paese del mondo potrebbe avere. In realtà già sappiamo di essere unici, ma non abbiamo contezza di questa ricchezza che, in senso buono, potremmo sfruttare molto meglio.

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