La senatrice Floridia, sottosegretario all’Istruzione, presenta i dettagli del Piano RiGenerazione Scuola, che indirizzerà nei prossimi anni i fondi del PNRR per la transizione ecologica della Scuola
Il 3 giugno il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha presentato “RiGenerazione Scuola”, un piano che si propone di modificare la didattica e le strutture della scuola italiana per adeguarle alle esigenze dello sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista sociale sia da quello della tutela dell’ambiente. Il Piano, si legge nel documento di presentazione: “mira a rigenerare la funzione educativa della scuola per ricostruire il legame fra le diverse generazioni” e “per imparare ad abitare il mondo in modo nuovo”. Un programma le cui ambizioni sono rappresentate da due frasi pronunciate dal Ministro Bianchi e dalla sottosegretaria Barbara Floridia. Il primo ha detto che “La scuola è il battito (il cuore) della comunità” e che quindi deve dettare il ritmo del cambiamento verso la sostenibilità. La seconda ha definito la scuola: “l’autostrada del pensiero”, cioè il luogo da cui partono e su cui viaggiano le idee e la formazione dei cittadini del domani.
Quali sono gli obiettivi sociali e le azioni concrete di questo piano? Alcuni sono scontati, se vogliamo davvero trasformare la nostra società in maniera sostenibile: ad esempio insegnare agli studenti ad abbandonare la cultura dello scarto e ragionare in un’ottica di economia circolare; acquisire conoscenze e informazioni sui cambiamenti climatici; istituire nuovi indirizzi di studio che preparino ai green jobs, i mestieri legati all’economia verde. Altri obiettivi sono meno pratici ma corrispondono a una visione della nostra società che il Ministero vuole vedere realizzata sin dai banchi di scuola, da 0 a 18 anni come si prefigge il Piano: ad esempio recuperando la socialità e il rapporto tra la scuola e il territorio; far capire ai ragazzi il legame tra solidarietà, giustizia sociale e ecologia; far superare loro il pensiero antropocentrico che spesso ha condizionato in negativo le scelte politiche, economiche e sociali delle passate generazioni.
Per conoscere più in dettaglio questo piano abbiamo intervistato Barbara Floridia, senatrice e sottosegretaria all’Istruzione, che ha curato la realizzazione e la presentazione di “RiGenerazione Scuola”.
Presentando il Piano lei ha dichiarato più volte che dobbiamo passare dal concetto di resilienza a quello di rigenerazione. La resilienza è un concetto abbastanza avanzato nel mondo dell’ambiente, qual è l’esigenza di ridefinirlo?
Con “resilienza” si intende un resistere e cercare di riadattarsi; mentre “rigenerare” significa generare e produrre pensieri nuovi, atteggiamenti per creare una nuova realtà. Rigenerare significa imparare ed educare i ragazzi ad abitare in modo diverso il mondo e la realtà. Questa è la differenza tra la resilienza e la rigenerazione: generarci in modo nuovo come esseri umani.
Questo Piano ha dei pilastri, come li avete definiti. Il primo è quello dei “saperi”, testualmente: “che cosa si impara a scuola”. In concreto, come cambieranno i programmi ministeriali? L’ambiente sarà una materia trasversale a tutte le discipline, oppure ci saranno insegnamenti e docenti specifici nei vari istituti?
Innanzitutto andiamo a rinforzare [la didattica], a dare strumenti, materiali didattici e disponibilità di esperti ai docenti di educazione civica, che quest’anno è entrata a regime. L’educazione civica ha una sezione dedicata all’educazione ambientale e, nonostante molti docenti siano formati e si stiano continuando a formare, serve un supporto per spiegare al meglio che cosa si intende per “educazione ambientale”, che in realtà è “educazione alla sostenibilità”. Quindi questa disciplina già esiste a scuola, ha preso concretezza in quest’ultimo che abbiamo affrontato in DAD; per rinforzarla mettiamo materiali ed esperti a disposizione delle scuole per poter far bene la sezione ambientale dell’educazione civica. Inoltre, tutti questi esperti potranno essere a disposizione per ulteriori progettualità e progetti che le scuole mettono in piedi in autonomia.
Lei è docente di italiano in una scuola superiore. Ha già immaginato come potrebbe cambiare la sua materia, o in generale quelle umanistiche, per includere questi temi dell’ambiente e della resilienza?
Innanzitutto farei parte del gruppo di lavoro dell’educazione civica. Essendo una materia trasversale vorrei farne parte. Potrei dare il mio contributo con autori che da sempre hanno parlato di educazione ambientale e a volte forse ci sono anche sfuggiti. Penso per esempio a Italo Calvino: in “Le città invisibili” abbiamo il racconto della città che ogni mattina si libera dei rifiuti mettendoli ai lati della città stessa, finché questa montagna di rifiuti la ricopre. La narrativa quindi, in realtà ha sempre portato all’educazione ambientale. Chiaramente, la formazione che stiamo mettendo a disposizione dei docenti, mi aiuterà a interpretare e comprendere ulteriormente come la mia disciplina possa effettivamente diventare strumento di interpretazione del reale e dei ragazzi, ancor di più che nel passato. Penso a Lucrezio: il “De rerum natura”.
Un altro “pilastro” è quello delle infrastrutture: la costruzione di “edifici innovativi e la creazione di nuovi ambienti di apprendimento”. Che cosa si intende in questo caso, a parte ovviamente la costruzione materiale delle scuole? Arredi, mense, esterni, orti scolastici… questo genere di cose?
Noi stiamo immaginando due azioni diverse in due pilastri diversi. La ristrutturazione degli edifici o la realizzazione di nuove scuole nel rispetto del NZEB: la realizzazione di scuole ad alto livello di efficientamento energetico. In più abbiamo stanziato risorse per la realizzazione di orti e aule verdi: spazi verdi nelle aree scolastiche. Molte scuole sono circondate da un parcheggio in cemento; ci saranno i soldi per destinare una parte di questi spazi a verde per la scuola, in modo che ci si possano realizzare delle attività. Contemporaneamente c’è un altro pilastro che si occupa dei comportamenti: lì lavoriamo per far sì che questi spazi verdi diventino magari orti biologici, cosicché i ragazzi per esempio possano recuperare anche la consapevolezza della stagionalità dei prodotti, una cosa che molti ragazzi non conoscono.
Mi permetta di tornare sull’autonomia energetica degli edifici scolastici che è citata nel Piano. La scuola potrebbe diventare veramente un servizio della comunità? Questa è la visione?
Si, perché la scuola è il battito della comunità. Nelle scuole non sottoposte a vincolo e dove è possibile, noi immaginiamo la realizzazione di comunità energetiche: quindi pannelli fotovoltaici che, grazie alla recente legge sulle comunità energetiche, permettono non solo l’autonomia totale e l’auto-produzione, ma anche la diffusione e la donazione di energia al territorio e alle abitazioni circostanti. Questo significa far diventare la scuola un punto di riferimento concreto della comunità; oltre che aprire quegli spazi verdi che dicevo anche a progetti ed eventi territoriali.
Il quarto e ultimo pilastro e la “rigenerazione delle opportunità”, ovvero degli indirizzi scolastici, che dovrebbero poi preparare al futuro lavorativo. La cosa è interessante: ci saranno licei ambientali e istituti tecnici a indirizzo di sviluppo sostenibile? Sono cose che adesso si studiano al livello superiore: all’università.
Si, infatti mancava questo step intermedio. Già moltissimi dirigenti virtuosi e con visione hanno immaginato percorsi di indirizzo. Cercheremo di formalizzarli per il prossimo anno in modo che effettivamente, anche nella loro offerta formativa, si possa dire che c’è il liceo scientifico per esempio a indirizzo ambientale; una volta strutturati e sperimentati, speriamo poi di arrivare, nell’ordinamento, ad una struttura vera e propria di liceo ambientale, o di istituto tecnico che abbia l’indirizzo alle energie rinnovabili, per esempio, o quello alla sostenibilità. Sono i mestieri del futuro. I nostri ragazzi non sono pronti e non lo siamo neanche noi; quindi è assolutamente necessario conoscere l’alfabeto, l’abc di un nuovo abitare e di nuovi mestieri.
Abbiamo detto “che cosa” cambierà; rimane il “come” e il “quando”. Il come è legato ovviamente ai fondi: sappiamo che c’è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza; c’è anche “Scuole verdi”, un piano di transizione verso la scuola come l’abbiamo descritta. Quanto abbiamo a disposizione per fare tutto questo? e quando cominceremo a vedere questi cambiamenti?
La progettualità per una serie di interventi ad oggi supera abbondantemente il miliardo: dalle strutture scolastiche alla realizzazione degli orti, ai protocolli con gli enti di ricerca che si metteranno a disposizione. Quando? Da subito; perché abbiamo fatto anche qualcosa che al Ministero ancora non si era fatto: abbiamo messo a sistema delle iniziative virtuose che molte scuole avevano già intrapreso in autonomia. Metterle sistema significa renderle ripetibili in tutte le scuole del paese, anche in quelle meno virtuose o più in difficoltà. Quindi delle azioni sono partite già da subito; altre ne partiranno addirittura col piano estate. Da settembre si partirà con l’implementazione dell’educazione ambientale all’interno dell’educazione civica che esiste già. Poi ci sono azioni, come la realizzazione di scuole nuove o di una comunità energetica, che hanno percorsi un po’ più lunghi; perché ovviamente bisogna fare progetti strutturali e chiedere permessi. Quindi, chiaramente, da settembre non sarà possibile partire su tutti e quattro i pilastri.