Il conduttore di UnoMattina e Linea Bianca ci racconta la sua visione della natura e del ruolo di chi fa comunicazione per far crescere la consapevolezza ecologica del pubblico.
Abbiamo incontrato Massimiliano Ossini alla presentazione del Progetto PNRR MER (Marine Ecosystem Restoration) dell’ISPRA: un vasto programma di monitoraggio dei mari italiani e di ricostituzione della vegetazione sottomarina che verrà finanziato nei prossimi anni grazie ai fondi del PNRR. Il conduttore di UnoMattina e Linea Bianca è un testimone importante della situazione dell’ambiente italiano e delle politiche di sostenibilità che si stanno portando avanti nella nostra società. Abbiamo dunque colto l’occasione per ascoltare il suo punto di vista sui problemi ecologici del nostro paese e sulle possibili soluzioni.
Massimiliano, tu hai la conduzione di un grande contenitore nazional popolare; dunque hai sia il polso degli interessi del paese, sia il sentore di come la comunicazione ambientale verso il grande pubblico stia cambiando. Ti sembra che, dopo la pandemia, ci sia più spazio per l’ambiente e per una comunicazione scientifica di buon livello?
Quest’anno festeggio ventidue anni di lavoro e da sedici mi occupo prevalentemente di ambiente, prima con Linea Verde poi con Linea Bianca: quindi mare, colline e adesso molte montagne. UnoMattina mi dà la possibilità di avere in trasmissione anche una parte scientifica. Se la inseriamo vuol dire che la gente è incuriosita da tutto ciò. Quindi, per rispondere alla domanda, sì: la platea si è allargata e c’è molta più attenzione. Purtroppo però noto che le persone vorrebbero fare di più ma ne sono impedite da una serie di problematiche: mancanza di infrastrutture, connessioni ancora lente, difficoltà ad investire. Penso alle comunità energetiche, di cui tutti vorrebbero far parte, ma ad oggi non c’è neanche una, per un cavillo che speriamo si possa scavalcare. Questo comunque mi fa ben sperare: la gente è realmente pronta per un cambio di direzione. Un altro esempio sono le batterie delle automobili elettriche: c’è tanta preoccupazione. Dall’altra parte vedo che sta cambiando la visione di come organizzare la giornata. Adesso siamo pronti ad uscire immediatamente: prendiamo una macchina e andiamo dal punto A al punto B; ma abbiamo capito che domani non sarà più così. Le giornate saranno riviste come si faceva una volta: in base al tempo, al sole, alle stagioni. Oggi possiamo avere tutto, in qualsiasi momento. Stiamo tornando al passato ma non è una limitazione; anzi sarà qualcosa di positivo, di migliore: ne guadagneranno il nostro stile di vita e la nostra salute.
Parliamo di montagne: un altro tuo cavallo di battaglia tanto professionale quanto personale. Come le hai viste cambiare in questi anni, dal punto di vista ambientale e della fruizione delle persone?
Già due anni prima della pandemia c’era stato un aumento del turismo di montagna. Dopo la pandemia è esploso, soprattutto le passeggiate sui sentieri, il trekking e lo sci alpinismo: cioè andare in cima, non con gli impianti di risalita, ma con le famose pelli di foca (applicate agli sci, nda) oggi sintetiche. Questo è molto positivo perché nulla al mondo come la montagna può insegnarci il vero contatto con la natura. Sono anche un appassionato del mare, però la montagna ti dà il tempo, detta un altro ritmo; cosa che invece il mare non fa. D’altra parte, purtroppo, la montagna ti fa vedere molto più velocemente il cambiamento climatico in atto. Non parlo solamente della fusione dei ghiacciai, che notiamo anno dopo anno. Io che pratico l’arrampicata, vedo che i punti d’attacco delle ferrate oggi sono sopra di me di due, tre, quattro metri, e dobbiamo abbassare le corde. Vediamo anche che le montagne stanno diventando più fragili: si stanno letteralmente disgregando a causa delle temperature sempre più elevate. Per raggiungere lo zero termico sul Monte Bianco dobbiamo arrivare addirittura a 5000/5500 metri. Questo fa capire il problema. Non ultimo è impressionante e triste vedere che le sole strisce di neve su tutto l’arco alpino sono quelle delle piste da sci, mentre il resto è brullo, in un momento dell’anno in cui dovremmo avere metri di neve; o anche vedere i bacini idrici e i laghi sotto il livello invernale. In questo momento sono personalmente allarmato per il periodo estivo perché penso all’agricoltura: oggi il terreno dovrebbe essere umido, bagnato, e non lo è; figuriamoci in estate. Rischiamo di non avere un raccolto. Non irrighiamo perché non è il momento, ma il terreno dovrebbe essere bagnato per permettere una crescita ottimale. Penso alle patate, al grano, al riso… è un allarme. Noi stessi (ad UnoMattina, nda.) mettiamo una pillola ogni giorno: dobbiamo essere veramente attenti, intanto a non sprecare l’acqua; altrimenti rischieremo di avere meno acqua in casa. Rischieremo di lavarci con un solo bicchiere d’acqua, o doverla riutilizzare per cucinare; e non per evitare sprechi, ma perché proprio non l’avremo in casa. Purtroppo sono convinto che in estate milioni di persone non l’avranno. L’acqua è un elemento fondamentale a cui non abbiamo ma dato valore, perché è sempre uscita aprendo il rubinetto.
Se avessi il potere di cambiare un nostro comportamento, o di varare una legge che possa salvaguardare uno degli aspetti di cui abbiamo parlato, su quale di concentreresti?
Se potessi, chiuderei tutte le città alle automobili. Costruirei grandi parcheggi sotterranei per le persone che arrivano da fuori, dopodiché tutta la viabilità sarebbe in motorino, in bicicletta, elettrica o normale. Così in tutte le città. Non nei piccoli comuni, per cui vale il discorso delle Maldive con la plastica: le Maldive inquinano il mare con la plastica? No, sono stati gli altri paesi. Dobbiamo focalizzarci sulle grandi città, dove ci sono milioni di persone. Partire da lì, dal cittadino, che poi ripercuoterà il comportamento virtuoso in azienda, quando andrà ad acquistare stando attento alla scelta del prodotto: prenderà prodotti sfusi invece che confezionati; e non comprerà la busta di plastica ma si porterà quella di tessuto da casa, come si faceva una volta e come si sta tornando a fare. Partire dalle città credo sia la salvezza, perché altrimenti restano cose che vediamo solamente in televisione e non tocchiamo con mano.
Come gestisci la resistenza e gli “hater” di questi provvedimenti? Molti li vedono come sacrifici, come un tornare indietro; una decrescita piuttosto che una regolata da darsi.
Parlandone, senza cercare lo scontro. Se ci mettiamo a discutere su determinati temi non arriveremo a un risultato. Invece bisogna parlare, dare voce agli scienziati, soprattutto mostrare le immagini di ciò che sta accadendo attorno a noi: far vedere gli agricoltori, gli allevatori, le difficoltà energetiche. Siamo un paese che in passato aveva puntato sull’idroelettrico, che oggi è a rischio (per la siccità, nda.). Ricordo che quando in Italia ci fu il blackout, per far ripartire l’energia nel paese fu azionata una centrale idroelettrica: l’unica capace in quel momento, perché la apri e ti dà energia. Se non ci fosse l’acqua con che cosa potremmo ripartire per avere così tanta energia? Si potrebbe dire con le centrali nucleari, ma non le abbiamo e non sono previste. Quindi: dialogo. Continuare a parlarne come facciamo noi: goccia dopo goccia si convinceranno anche loro.