Cambiamento Climatico

Investimenti responsabili e polizze contro i disastri naturali. Le assicurazioni alla prova del climate change

Pietro Negri (ANIA): finora attenzione solo al rischio sismico, ma i rischi derivanti da alluvioni, e tempeste cominciano interessare aree geografiche che fino ad oggi erano state al sicuro

Tra le conseguenze più evidenti del cambiamento climatico c’è l’aumento della frequenza e della violenza di eventi meteorologici estremi come tempeste, grandinate e bufere di vento. Fenomeni tipici dei tropici che sempre più spesso interessano anche paesi a clima temperato come l’Italia, e che, tra gli altri, hanno effetti anche sul settore assicurativo.

Secondo il Corporate Climate Center della compagnia di ri-assicurazione tedesca Munich Re, a livello internazionale si è passati da una media annua di 10 miliardi di dollari per risarcimenti legati ad eventi atmosferici degli anni ’80 a circa 50 miliardi di dollari nell’ultimo decennio.

Per capire come si stanno organizzando le compagnie assicurative, da un lato per tutelarsi dai rischi del climate change e dall’altro lato per fare la loro parte nel contrasto a questi fenomeni, Pietro Negri, responsabile sostenibilità di ANIA – Associazione Nazionale fra le Imprese assicuratrici e presidente del Forum per la Finanza Sostenibile interviene su Ecosistema, la trasmissione di Earth Day Italia trasmessa da Radio Vaticana Italia.

 

L’impatto dei cambiamenti climatici e degli eventi meteorologici estremi sul settore assicurativo sempre più importante, anche per gli ingenti danni che poi vengono vengono risarciti. Come stanno fronteggiando il comparto assicurativo questa situazione?

Il settore assicurativo è evidentemente molto influenzato e investito dai cambiamenti climatici e ha la peculiarità di essere da un lato copertore di polizze di assicurazione per i rischi che possono colpire le attività umane e dall’altro un investitore istituzionale che investe il patrimonio per far fronte ai bisogni futuri che possano derivare dai rischi coperti.

In questa duplice veste fino ad oggi gli assicuratori sono talvolta anche entrati in contraddizione, nel senso che nel passato hanno finanziato attività che poi si sono rivelate altamente inquinanti per l’ambiente e in qualche modo produttive di eventi estremi; negli ultimi anni assistiamo però a una sempre maggiore correlazione fra la copertura dei rischi e la scelta di investimenti coerenti con l’abbattimento di emissioni che possono influenzare il cambiamento climatico.

 

Sul fronte investimenti cosa sta accadendo?

La finanza sostenibile nacque come fenomeno di carattere etico morale. I quaccheri oltre centocinquanta anni fa decisero che non avrebbero più investito in attività che ad esempio erano correlate alla produzione di armi o al tabacco o per ragioni etiche collegate al loro credo.

Adesso l’industria finanziaria si sta orientando verso un concetto più ampio di sostenibilità, che involge l’impatto ambientale, sociale e di governo della società civile e dei fenomeni ad esso correlati.

Si è notato che, avendo una maggiore attenzione nella scelta degli investimenti all’impatto sull’ambiente o sulla società civile, si abbattono dei rischi e questi investimenti hanno rendimenti nel medio lungo periodo più elevati di quelli ordinari perché e ormai abbiamo anche evidenze che ci dimostrano questo.

Sono investimenti che favoriscono un maggiore e un migliore sviluppo sostenibile nel medio lungo periodo; per questo anche nel settore finanziario assicurativo si parla più attivamente di scelte mirate che tengono conto di questi elementi.

 

Gli eventi meteorologici estremi sono caratterizzati da una relativa bassa prevedibilità dell’accadimento e da un potenziale distruttivo molto elevato. C’è qualcosa di peggiore da assicurare?

Il cambiamento climatico non produce necessariamente un innalzamento della temperatura a livello locale, ma genera fenomeni sempre più imprevedibili e frequenti che sono il nemico peggiore di un assicuratore; l’alto impatto ne è la conseguenza nel senso che spesso e volentieri colpiscono aree geografiche sempre più ampie.

Fino ad oggi si è avuta una grandissima attenzione per il rischio sismico che per l’Italia è sempre un tema di grandissimo rilievo se pensate che tutta la fascia appenninica è inclusa nella zona 1 considerata la più rischiosa dal punto di vista sismico. Tuttavia anche i rischi derivanti da fenomeni naturali come le alluvioni, i fenomeni idrogeologici, le tempeste, i tifoni e quant’altro cominciano interessare aree geografiche che fino ad oggi erano state per lo più al sicuro e questo è un grandissimo problema sia per gli assicuratori che per i grandi riassicuratori a livello internazionale che operano in questo settore.

 

Polizze come la rc auto o le sanitarie riguardano aspetti della vita quotidiana delle persone su cui è possibile in qualche modo incidere: ad esempio con una guida accorta si può ridurre il rischio di incidenti. Nel caso del cambiamento climatico e dei suoi effetti è più difficile agire individualmEnte e in ogni caso non siano degli impatti significativi nel breve periodo. Come si sviluppa una cultura assicurativa in queste condizioni?

L’action plan, il piano di azione predisposto dalla Commissione Europea per favorire la finanza sostenibile, è orientato a sostenere una economia sempre più circolare, cioè che sia in grado di riutilizzare le materie prime prodotte, e a basso contenuto di carbonio.

Questo dimostra che finalmente si è deciso di intraprendere un’azione a livello collettivo con una visione di carattere unitario e politico che possa effettivamente incidere sui comportamenti, sui metodi, sulle tecnologie di produzione che oggi utilizziamo.

Gli assicuratori possono svolgere un ruolo importante, anche con i loro prodotti, per favorire comportamenti più sostenibili e orientati alla mitigazione del rischio climatico.

Esistono già in commercio alcune polizze che, ad esempio, favoriscono l’utilizzazione di autovetture o di mezzi di trasporto collettivi, premiano sistemi di trasporto basati sulle energie rinnovabili, favoriscono buoni comportamenti nel vivere quotidiano e ordinario come ad esempio le coperture collegate all’abitazione, dove attraverso l’uso della domotica si riesce ad avere una maggior consapevolezza sul livello di consumo che ciascuno di noi si trova a produrre giornalmente.

Nelle assicurazioni sanitarie invece cominciano a diffondersi i braccialetti elettronici che vengono utilizzati sia per monitorare i rischi coperti, ma anche per indurre comportamenti più virtuosi in termini di wellness e di ben vivere.

 

Restando sul braccialetto elettronico, quali sono i comportamenti che vengono premiati?

Di base ci sono la misurazione del battito cardiaco, della pressione e di tutto ciò che ha una qualche rilevanza con il rischio assicurativo coperto dall’assicuratore.

Queste polizze coprono per lo più le spese sanitarie derivanti da forme di malattie che dovessero intervenire nel corso della garanzia, ma allo stesso tempo possono favorire comportamenti più virtuosi come il praticare attività motorie o scelte di alimentazione che siano sempre più compatibili con un buon vivere.

È una forma di accompagnamento del cliente che da un lato serve a monitorare il rischio e dall’altro serve a suggerire comportamenti più sostenibili.

 

Torniamo alle catastrofi naturali. Ogni volta che accade qualcosa, terremoto o un’alluvione, ci si pone il problema della ricostruzione di cui spesso e volentieri si fa carico lo Stato anche perché si viene a scoprire che solo una minima parte degli edifici risultano assicurati contro questi eventi. Quali interventi o normative auspicate per uscire da questa situazione e stimolare una maggiore collaborazione tra Stato e comparto assicurativo?

Ogni anno lo Stato riserva 3 miliardi di euro per far fronte a fenomeni collegati con calamita naturali intese in senso ampio, terremoti, alluvioni e quant’altro. 3 miliardi praticamente buttati perché siamo ancora pagando danni prodottisi con i terremoti degli inizi del Novecento.

Il patrimonio abitativo italiano almeno per il 70% è stato costruito prima del 1974, data nella quale è entrata in vigore la normativa sull’efficientamento sismico degli immobili, quindi abbiamo un patrimonio immobiliare molto vetusto.

In occasione dell’ultimo terremoto del Centro Italia è emerso che solo il 2% degli immobili presenti in quell’area erano assicurati per i rischi sismici.

Nella legge di stabilità del 2018 il Governo è venuto incontro alle esigenze dei consumatori favorendo l’esenzione dell’imposta del premio pagato per la copertura assicurativa, che era del 22,50%, e poi con la detraibilità dall’Irpef del premio pagato. Questo in qualche modo ha incentivato la coperture assicurative, ma si è passati dal 2% al 4% quindi una misura ancora molto bassa.

Dal nostro punto di vista manca un’azione sistemica di informazione sui rischi che si corrono in zone sismiche e in zone ad alto potenziale di impatto alluvionale. In altri paesi sono state fatte azioni di informazione mirate al pubblico, a volte anche molto crude e molto dirette, che hanno incentivato la popolazione a prendere maggior consapevolezza dei rischi.

La politica dovrebbe avere il coraggio di dare dei segnali chiari e, con un’adeguata informativa, far capire che nel futuro lo stato non potrà più garantire la ricostruzione.

Sempre dal punto di vista della ricostruzione è importante sottolineare che abbiamo un sistema di protezione civile estremamente efficiente, molto rapido e con grandi competenze, ma anche un piano di ricostruzione molto carente.

Forse quello che manca nel nostro paese proprio un testo unico della ricostruzione che dia delle regole stabili per ogni evento che, purtroppo, periodicamente colpisce questo paese.

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