Economia

Legge di bilancio e sviluppo sostenibile: Italia promossa a metà

L’analisi dell’ASviS dei provvedimenti contenuti nell’ultima manovra finanziaria alla luce dell’Agenda 2030. Giovannini: bene il green new deal, grande assente la tutela degli ecosistemi.

Una legge che nella sua struttura è in linea con l’impostazione green data dal parlamento europeo alla politica comunitaria e che recepisce diverse delle indicazioni suggerite dall’ASviS in questi ultimi anni.

È sostanzialmente positivo il voto che l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile assegna alla Legge di Bilancio 2020, leggendola nella chiave dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che definiscono l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Bene il green new deal, anche se occorrerà verificarne l’attuazione, così come i temi dell’innovazione e della lotta alle disuguaglianze di genere. Carenze importanti permangono sul fronte dell’istruzione, dell’occupazione giovanile e, soprattutto, della tutela e della conservazione dell’ambiente, ormai storico grande assente dei provvedimenti strutturali del nostro paese.

È quanto emerge dal rapporto, curato dai 600 esperti dell’ASviS, “La Legge di Bilancio 2020 e lo sviluppo sostenibile. Esame dei provvedimenti e situazione dell’Italia rispetto ai 17 Obiettivi dell’Agenda 2030”, di cui il professor Enrico Giovannini, portavoce ASviS, parla intervenendo su Ecosistema, rubrica a cura di Earth Day Italia trasmessa da Radio Vaticana Italia.

 

Come valutate l’ultima finanziaria dal punto di vostra degli obiettivi di sviluppo sostenibile?

Abbiamo notato un cambio di prospettiva importante, positivo, rispetto alla legge di bilancio del 2019 e alle precedenti.

Molti provvedimenti sono precisamente orientati verso la transizione ecologica e l’economia circolare, ma c’è anche un potenziamento del sistema sanitario nazionale e vediamo in questi giorni quanto sia importante avere un sistema di qualità.

Ci sono naturalmente dei buchi e li abbiamo segnalati: le risorse sull’educazione non sono in grado di farci recuperare il ritardo rispetto ad altri paesi, così come sull’occupazione, in particolare giovanile; inoltre la disattenzione totale alla tutela della biodiversità è un problema serio visto il degrado che abbiamo in Italia.

Partiamo dagli aspetti positivi. Quali sono i provvedimenti che maggiormente vi soddisfano?

Il green new deal italiano, che è in linea con quello europeo, è un passo avanti importante. Questi fondi, che dovrebbero essere destinati alla transizione ecologica, alla riqualificazione delle nostre città, alla mobilità sostenibile, all’economia circolare, vanno però messi in campo. Tutto dipenderà dai decreti di attuazione, per questo monitoreremo con attenzione il cammino di questi provvedimenti.

Dall’altro lato ci sono dei punti importanti sulle periferie con l’attenzione alla qualità dell’abitare, sul riordino dei sussidi alle famiglie con la creazione di un fondo che dovrebbe consentire di evitare di usare i bonus annuali come spesso si è fatto nel passato.

Nonostante la direzione che la politica europea sta prendendo verso il green, ancora spendiamo 19 miliardi di euro in sussidi ambientali dannosi, incentivi dati prevalentemente a fonti di energia fossile o a settori collegati. 19 miliardi sono tanti, è una manovra finanziaria…

Questa è infatti una delle nostre critiche perché da un lato il piano nazionale integrato energia e clima, che dovrebbe guidare la transizione verso l’uscita dal carbone e dalle fonti fossili, non è abbastanza chiaro e ambizioso, soprattutto alla luce dei nuovi target europei.

Dall’altro si rinvia l’idea di mettere mano a questi sussidi. In alcuni casi sono di piccola entità, ma vanno magari a scontentare un grande numero di soggetti, quindi politicamente è dannoso andarli a rivedere; in altri casi invece sono di grande entità e toccano settori che devono essere profondamente riorganizzati, pensiamo al trasporto su gomma.

Abbiamo salutato con favore la creazione di una commissione che ora dovrebbe dare al Governo una linea di azione, ma intanto stiamo perdendo tempo. Altri paesi stanno già facendo questa conversione, non per fare cassa, ma per sostenere attività molto più sostenibili sia sul piano ambientale che sociale.

Si parla molto di green economy ed economia circolare, ma si continua a far nulla sul fronte della conservazione e della tutela dell’ambiente. Ecosistemi marini, ecosistemi terrestri e biodiversità in generale sono temi completamente assenti dalla manovra finanziaria.

L’indicatore, in particolare per il goal 15 (riguarda la conservazione degli ecosistemi terrestri nda) indica un deterioramento veramente disastroso che continua da molti anni perché sono dieci anni che il nostro paese non riesce a definire una legge contro il consumo di suolo.

Questo è, purtroppo, un esempio dell’incapacità della politica di decidere, eppure sarebbe un segnale molto forte verso un settore, quello dell’edilizia, che ha ancora tanti problemi e che ha bisogno di sapere dove orientarsi, se andare verso la riqualificazione oppure verso nuove costruzioni. Il settore stesso ha ormai scelto la riqualificazione, ma c’è bisogno anche di un quadro legislativo corretto.

Altro punto è che molti dei target internazionali previsti per la tutela della biodiversità sono in scadenza nel 2020, inoltre quest’anno verranno rivisti i target della Convenzione internazionale sulla diversità biologica.

L’Italia dipende in modo straordinario dalla qualità del proprio capitale naturale ed è sorprendente che non ci sia attenzione a questi temi.

Dei 169 target che definiscono l’agenda 2030, 21 scadranno quest’anno. Riusciremo a raggiungerne qualcuno, al di là di quelli cui ha già accennato relativi alla biodiversità?

Purtroppo molto pochi. Probabilmente raggiungeremo quello sulla diffusione della banda larga nel territorio nazionale, ma altri sono completamente fuori dalla nostra portata.

Ad esempio la riduzione del 50% delle morti per incidenti stradali tra il 2015 e 2020 o la riduzione del numero di giovani Neet che non studiano non lavorano, che sono oltre due milioni che invece avrebbero dovuto ridursi in modo consistente proprio nel corso degli ultimi cinque anni.

Il fatto è che l’Italia ha perso cinque anni sull’agenda 2030 non mettendola al centro delle proprie azioni e questo indipendentemente dalle maggioranze governative. Adesso il governo appare intenzionato a farlo così come l’Europa, ma intanto abbiamo perso veramente tanto, tanto tempo.

Riusciremo a recuperare questo tempo perduto?

Sì se intraprenderemo azioni altrettanto urgenti e se daremo una svolta, come per esempio sta accadendo nel mondo della finanza, in modo da mobilitare tutte le risorse, non sono quelle pubbliche, ma anche quelle private, in questa direzione.

Alcuni settori hanno capito che o il futuro è sostenibile o non c’è futuro, tra cui appunto la finanza.

La regolamentazione italiana e in parte anche europea devono accelerare questi percorsi perché il 2030 è straordinariamente vicino.

Il tema di maggiore attualità è in questo momento l’emergenza coronavirus, lo stesso evento di presentazione del rapporto ASviS si è svolto in assenza di pubblico proprio per questo motivo. Le faccio una domanda da economista più da che da portavoce ASviS.

Come conseguenza delle misure prese dalle istituzioni per contenere il contagio, soprattutto nel nord del paese, molte attività economiche sono state fermate o limitate: teme effetti significativi per la nostra economia nel medio periodo?

Nel breve certamente sì. Nel medio non lo sappiamo, dipenderà molto da quanto durerà questa emergenza e anche dalla reazione della politica, non solo a livello nazionale, ma anche a livello europeo perché il coronavirus farà danni anche in altri paesi europei.

Quello che vorrei sottolineare è che gli scienziati, che finalmente l’Italia anche nelle trasmissioni nazional popolari ha deciso di seguire al contrario di quello che ha fatto negli anni scorsi, ci dicono che con il cambiamento climatico le epidemie diventeranno più frequenti. È quindi importante che qualsiasi risposta il sistema Italia darà al tema del coronavirus sia anche un’occasione per mettere a punto migliori procedure e migliori coordinamenti delle regole anche europee per fronteggiare fenomeni che probabilmente, dicono gli scienziati, si riproporranno negli anni a venire.

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