Antonio Marzo - Foto Luigi Di Battista per gentile concessione del CUFAA
Educazione Interviste

L’esempio di Falcone vive negli alberi dei Carabinieri

Il generale Antonio Marzo, comandante del Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari, racconta l’impegno dell’Arma per la tutela dell’ambiente e l’iniziativa che riproduce l’albero di Falcone piantato in scuole, tribunale e giardini di tutta Italia, in ricordo del magistrato ucciso dalla mafia trent’anni fa.

Da alcuni mesi il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari (i cosiddetti Carabinieri Forestali) al comando del generale Antonio Pietro Marzo, hanno avviato un progetto che unisce educazione ambientale e alla legalità con un’iniziativa dal forte valore simbolico, particolarmente significativa oggi, 23 maggio, trentennale della strage di Capaci. Dal 23 maggio 1992, l’albero di ficus che cresce davanti alla casa palermitana di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, uccisi quel giorno dalla mafia insieme alla loro scorta, è stato per trent’anni meta di pellegrinaggio popolare. La pianta è diventata una sorta di monumento alla memoria dei magistrati e dei tutori della legge. Il progetto del CUFAA ha permesso di produrre delle talee di quello specifico albero che vengono coltivate e poi destinate ai giardini di tribunali, enti e soprattutto scuole di tutta Italia.

Abbiamo incontrato il generale Marzo, da un anno al comando del CUFAA, in occasione del convegno “Nature in Mind – Una nuova cultura della natura per la tutela della biodiversità” per parlare di questo progetto e del lavoro del suo comando, strategico per la difesa del patrimonio naturale. Quest’anno, tra l’altro, ricorre il bicentenario della fondazione del Corpo Forestale dello Stato, che cinque anni fa è stato inglobato nell’Arma dei Carabinieri non senza perplessità da parte del mondo dell’ambientalismo. L’occasione del convegno è stata anche utile a trarre un bilancio di questa svolta nella tutela dell’ambiente da parte dello Stato.

Comandante, il 23 maggio ricorre il trentennale della strage di Capaci. Le chiedo un ricordo di Falcone e dell’iniziativa del CUFAA che lo celebra.

Questi trent’anni per noi sono importanti perché segnano un percorso che ha fatto il nostro paese, con il sacrificio di tanti magistrati. La figura di Falcone rimane un simbolo per tutti, soprattutto per i giovani: lo abbiamo visto andando nelle scuole. Penso che sia il magistrato più conosciuto in Italia e nel mondo. Questo messaggio non poteva rimanere circoscritto. Abbiamo approfittato del nostro compito di educazione ambientale per collegare la sua figura forte e simbolica ad una pianta che è simbolo di vita. La pianta deve essere proprio quella di Falcone, quindi con i nostri militari dei Centri Nazionali di Biodiversità siamo riusciti ad estrarre per talea delle piantine, e a riprodurle in circa 4.000 esemplari. Abbiamo iniziato a piantarle lo scorso ottobre nell’aula bunker dell’Ucciardone (il carcere di Palermo, nda.) per poi estendere l’iniziativa a tutta l’Italia. Abbiamo tante richieste dalle scuole, dai tribunali e da vari enti. Per noi già questo è una vittoria, non solo nostra, ma anche di Falcone, del messaggio di legalità di democrazia e di libertà.

Da un anno è al comando del CUFAA. Se l’aspettava così, l’essere a capo di questo particolare raggruppamento?

Me l’aspettavo, perché ho avuto la fortuna di entrare in questa nuova grande unità qualche mese dopo il primo gennaio 2017 quando si è costituito il CUFAA. Ho vissuto l’esperienza dell’assorbimento, tramite i contatti con gli ex appartenenti al corpo forestale, per costruire insieme questa nuova componente, e poi mi sono interessato degli aspetti organizzativi, logistici e amministrativi come Capo di Stato Maggiore. Questa esperienza di quattro anni mi ha fatto conoscere le persone, più che l’istituzione, del Corpo Forestale che già conoscevo. Ho avuto la fortuna di apprezzarne la professionalità e le capacità, e anche la fortuna di venire a contatto con un mondo meraviglioso che va al di là dei reparti territoriali, le stazioni forestali, i gruppi e le regioni forestali: il mondo affascinante della biodiversità. I 28 reparti di biodiversità che gestiscono le 130 riserve naturali e le 19 foreste demaniali si trovano in ambienti naturali bellissimi che ancora non ho visitato tutti. Sono perle di biodiversità non accessibile che noi tuteliamo con la conservazione: ad esempio l’isola di Montecristo nell’arcipelago toscano, o le Foreste del Casentinese (in provincia di Arezzo, nda.); ci sono delle meraviglie che veramente ci fanno manifestare tutta la gratitudine a Dio per il dono della vita. Noi siamo gelosi custodi di questa biodiversità con un complesso di attività che va dal tutelare le specie animali e vegetali all’intervenire contro i reati ambientali.

Quali sono i reati più odiosi?

Sono quelli dell’inquinamento, soprattutto delle falde acquifere: i depuratori che non funzionano e scaricano nei fiumi e nei mari. Se ne verificano molti, nonostante si intervenga con denunce e in maniera decisa con la repressione. La legislazione è cambiata ma purtroppo si continua a sversare e la giustizia per tanti motivi non ha la possibilità di un intervento immediato, anche se si sequestra; e questo è un paradosso. Sono dei danni irreversibili. Tra i più odiosi ci sono anche gli incendi che, soprattutto con queste condizioni del clima, anche per quest’anno non ci consentono di fare previsioni ottimistiche. Incendi che avvengono sempre per colpa o per dolo: quindi sempre per mano dell’uomo. Altri reati che a me danno particolarmente fastidio sono il maltrattamento degli animali, il traffico dei cuccioli, il non avere rispetto per gli altri esseri viventi che fanno parte del nostro universo. Noi occupiamo una piccola parte dell’universo ma ci sentiamo padroni di tutto. Dovremmo avere l’umiltà di capire qual è il nostro spazio e manifestare sempre la gratitudine per tutto ciò che gli altri esseri viventi ci danno e ci fanno godere.

Quest’anno lei ha curato anche un calendario dei Carabinieri specifico sugli animali.

È il calendario  CITES che ogni anno produciamo richiamando l’attenzione sulle specie in via di estinzione. La CITES è la convenzione di Washington che vige a livello internazionale (Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie Minacciate di Estinzione, che regola il commercio delle specie animali e vegetali, nda.). Ogni anno rappresentiamo nel calendario le specie animali e vegetali dei contesti ambientali sofferenti. È uno strumento di comunicazione e di educazione ambientale, perché viene diramato a tutte le scuole. Viene fatto anche in lingua inglese, e quindi esportato all’estero. Le foto, molto belle, cercano di esaltare anche il contesto delle specie, e descrivono le caratteristiche del nostro impegno operativo sul territorio: come i nostri reparti antibracconaggio, sia quello dell’avifauna sia quello ittico; o il contrasto al traffico del legname. Sono tutti argomenti di attualità, quindi è una rappresentazione di ciò che noi facciamo in quel comparto specialistico che sono i carabinieri CITES.

Ora che carabinieri ed ex forestali sono uniti hanno una grossa responsabilità. Tra l’altro da questo contesto provengono un ministro dell’ambiente come Sergio Costa e anche dei divulgatori come Daniele Zovi. Anche l’associazionismo ambientalista ormai guarda all’Arma come a un partner: qualcosa di nuovo, se pensiamo al contesto in cui è nato gran parte del mondo dell’associazionismo italiano.

Questo è il valore aggiunto dell’Arma dei Carabinieri che, come istituzione dello Stato, rappresenta una parte importante della nostra storia del nostro paese: nasce prima ancora dell’Unità d’Italia ed è quasi coeva del Corpo Forestale dello Stato. Entrambi questi corpi hanno sempre operato vicino ai cittadini. Come carabinieri siamo sempre stati vicino a chi soffre, a chi ha delle difficoltà. Lo stesso ha fatto il Corpo Forestale essendo nato per proteggere le montagne, i boschi e le foreste. Questi due elementi che si sono incontrati, hanno completato la vocazione ambientale di entrambi, che quindi si è perfezionata grazie alla capacità e alla professionalità acquisita in 200 anni di storia. Un rapporto di sinergia che è nato reciprocamente sin dai primi giorni: perché abbiamo sperimentato che le competenze, i ruoli, la rete, anche ordinativa, del Corpo Forestale è rimasta Integra; il personale ha continuato a fare il proprio lavoro come prima dell’assorbimento. Spero lo abbia fatto anche meglio, essendo supportato dalla rete dell’Arma che ha 107.000 uomini in tutto il territorio nazionale e all’estero.

Dopo 200 anni si unisce dunque due storie. Ha un’idea di come potrebbe evolvere quest’arma nei prossimi anni? Dove vorrebbe indirizzarla?

L’Arma, come è stato per questi due secoli, continuerà a fare il proprio servizio consapevole dell’importante ruolo di sicurezza e affidabilità che ricopre per il paese. Si proietta verso sempre più sul livello internazionale: ormai siamo necessariamente coinvolti e in contatto con altri paesi e altre forze di polizia. La cooperazione già esiste e noi mettiamo a frutto l’esperienza, perché siamo l’unica polizia ambientale in Europa e al mondo con 7.000 uomini impiegati ogni giorno per difendere l’ambiente. Questa nostra esperienza può essere messa a disposizione di altri paesi che si vogliano organizzare come noi, per poter interagire meglio in contesti internazionali. Perché ormai i problemi dell’ambiente ci coinvolgono tutti.

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