Società

Popoli indigeni: le persecuzioni continuano

Omicidi di attivisti per la tutela delle foreste e dei diritti umani; furti di territori naturali da sfruttare per la legna e i minerali; assimilazione culturale forzata e cancellazione dell’identità attraverso le “factory school. Continuano in Amazzonia e in India le vessazioni e le minacce ai popoli originari, denunciate da Survival International.

Il 2019 è stato, nel bene e nel male, l’anno dell’Amazzonia: la grande foresta è stata spesso al centro del dibattito mondiale per diversi aspetti positivi, come la crescente attenzione dei media ai diritti e al ruolo ecologico dei popoli indigeni; e ancora in occasione del Sinodo dei Vescovi in Vaticano, dedicato proprio ai temi sociali e ambientali dell’Amazzonia. Purtroppo non sono mancate le brutte notizie. Come i vasti incendi estivi che hanno rimaneggiato ancora di più la foresta tropicale e gli attacchi cruenti ai leader delle popolazioni indigene che lottano per i loro diritti contro i governi dei paesi sudamericani che si dividono il territorio amazzonico. Purtroppo, anche nelle ultime settimane del 2019 la cronaca ha registrato diversi omicidi di attivisti e rappresentanti delle comunità amazzoniche. Ecosistema, il settimanale radiofonico di Earth Day Italia trasmesso da Radio Vaticana è tornato sul tema dei popoli indigeni ospitando Francesca Casella, direttrice della sede italiana di Survival International.

A fine 2019 Survival International ha diffuso l’immagine di una tribù incontattata dell’Amazzonia peruviana. Perché è importante la scoperta… la prova dell’esistenza di questa tribù? E soprattutto, averla individuata è una buona notizia?

Hai detto bene. Quella che è stata fornita non è tanto una scoperta quanto una prova. Le immagini ci sono state date dall’ORPIO, l’organizzazione dei popoli indigeni orientali, con la preghiera di diffonderla nel mondo per dimostrare l’esistenza di popoli incontattati all’interno di questo territorio che si trova nello stato di Loreto, vicino al confine con l’Ecuador, di cui loro già denunciavano l’esistenza da almeno quindici o vent’anni. Ovviamente i governi e le compagnie dalla zona, soprattutto quelle petrolifere, continuano a negare la loro esistenza, per permettere lo sfruttamento intensivo dei territori aprendoli alle compagnie, in questo caso petrolifere. Quindi avere queste immagini, poterle diffondere, è sicuramente una cosa utile e strumentale al fine di bloccare le concessioni e l’apertura del territorio all’esterno

Perché è importante lasciare i popoli “incontattati”, “difesi” da tutto ciò che gli sta intorno? Perché è bene che restino incontattati?

Esistono purtroppo molti pregiudizi intorno al concetto dei popoli che noi abbiamo battezzato “incontattati”. Alcuni vogliono considerarli popoli arretrati; popoli che hanno bisogno dell’aiuto esterno per potersi inserire nella società dominante e stare al passo coi tempi. Non è assolutamente così. I popoli incontattati, come qualsiasi altro popolo del mondo, hanno continuato ad evolvere, a cambiare e a crescere, al pari appunto di qualunque altra società umana. Semplicemente l’hanno fatto secondo paradigmi e modalità diverse. Oggi, anche a causa di questo loro isolamento, costituiscono la fonte più importante, più preziosa, direi addirittura “essenziale”, di diversità umana esistente sul pianeta. Quindi costituiscono una speranza per l’umanità stessa, per la sua sopravvivenza. Non solo sono una parte vitale di questa nostra diversità, ma anche i custodi delle regioni a maggior biodiversità della Terra; e le prove in questo senso sono inconfutabili. Come inconfutabile è il fatto che proteggere i loro territori costituisca oggi anche la migliore barriera alla deforestazione; perché loro ne sono i migliori custodi. I popoli incontattati devono restare tali, se questa è la loro scelta. Questa è la nostra politica. Non vogliamo assolutamente mantenerli isolati o sotto campane di vetro. Ciò che Survival da anni continua a ribadire è il fatto che, qualunque precauzione si prenda (in questo senso la storia insegna), il contatto per loro è sempre letale. Nel passato, inevitabilmente, a seguito del contatto sono morti dei membri delle loro comunità in grandi percentuali, anche laddove siano state prese delle misure sanitarie precauzionali. Quindi, poiché il contatto costituisce una grave perdita umana ed è fonte di grande sofferenza, decidere se, come e quando entrare in relazione con il mondo esterno è una decisione che spetta soltanto a loro. Lo scopo della nostra campagna è fare in modo che le loro terre rimangano protette e che il loro diritto di scelta rispetto a come vivere e relazionarsi con il mondo esterno sia rispettato. È cruciale per la loro stessa sopravvivenza e anche per la nostra; perché mantenere la diversità umana sulla Terra è essenziale per la sopravvivenza della stessa umanità.

Ha parlato di custodia della foresta. In un’altra parte di questo “continente” che è la foresta amazzonica c’è un gruppo chiamato “Guardiani dell’Amazzonia” che sta subendo pesanti perdite umane in questi ultimi mesi. Ci sono stati degli omicidi. Gli ultimi tre: Paolo, Raimundo e Firmino del popolo Guajajara.  Chi erano queste persone, e perché sono state uccise?

I popoli incontattati non sono soltanto una parte vitale della diversità umana ma, al contempo, anche i popoli più vulnerabili del nostro pianeta. Lo sanno bene proprio i guajajara, un popolo indigeno nella regione del Maranhao che condivide con loro il territorio. Allo scopo di difendere la loro terra, ma anche la vita dei popoli incontattati, i guajajara da qualche tempo hanno costituito un gruppo interno che si è autonominato custodi, guardiani della foresta; che ha lo scopo di pattugliare regolarmente l’area, alla ricerca dei tagliatori di legna illegali, per poterli individuare e consegnare alla giustizia. Ovviamente si oppongono all’invasione illegale del loro territorio. Sono molto scomodi: la loro presenza costituisce una minaccia importante per lo sfruttamento del territorio, e sono quindi molto spesso presi di mira, dagli stessi tagliatori di legna o da sicari armati di latifondisti e altri imprenditori che mirano a invadere le loro terre e impossessarsene a scopo commerciale. Purtroppo in questa loro missione perdono spesso la vita a causa di questi attacchi.

Ultimamente gli attacchi nei confronti dei popoli indigeni sono aumentati in modo molto significativo, incoraggiati dalla politica del governo Bolsonaro che noi, così come le popolazioni indigene del Brasile, giudichiamo una politica genocida e profondamente razzista nei loro confronti. Non a caso il Presidente continua a considerarli e a descriverli come un ostacolo al progresso del paese, e continua anche a fare paragoni tra loro e gli animali negli zoo o gli uomini primitivi, alimentando dei pregiudizi razzisti nei loro confronti. L’obiettivo è chiaramente di aprire le loro terre allo sfruttamento minerario e dell’agrobusiness. A nostro parere una delle decisioni più gravi, ,che è appena stata presa e confermata proprio in questi giorni, è la nomina del nuovo capo del dipartimento ai popoli incontattati, il FUNAI. Il presidente Bolsonaro ha scelto Riccardo Lopez Dias: un missionario evangelico che per molti anni ha lavorato per una delle organizzazioni missionarie più fondamentaliste mai esistite: la New Tribes Mission, oggi conosciuta con il nome di Ethnos360. La decisione di mettere a capo di questo dipartimento questo missionario è davvero drammatica, perché la New Tribes Mission, nel passato, è stata co-responsabile della morte di moltissime indigeni a causa del contatto forzato, fatto per esempio con alcuni popoli incontattati del Paraguay.

C’è un altro fenomeno particolarmente minaccioso per i popoli indigeni in altre parti del mondo: le “factory school”. Le scuole dove i bambini indigeni, originari del luogo, vengono forzati a dimenticare e mettere da parte la loro cultura originaria. Un errore già commesso in passato con i nativi americani e australiani. Quali sono le situazioni più critiche?

Le “factory school” sono un fenomeno drammatico. Sono sostanzialmente dalle scuole per l’assimilazione che si prefiggono di allontanare i bambini indigeni e tribali dalle loro famiglie e dalle loro comunità, per riprogrammarli e conformarli alla società dominante. In sostanza si tratta di una cancellazione culturale sistematica, mascherata da educazione, che fa parte di una politica a lungo termine, adottata da molti governi allo scopo di sradicare in qualche modo l’identità indigena per sedare la resistenza che i popoli indigeni oppongono allo sfruttamento delle loro terre. Hai detto bene: queste factory school non sono una novità: esistevano già in Australia e in Canada con il nome di “scuole residenziali” o collegi, e le sofferenze causate da queste scuole sono inimmaginabili. Ancora oggi i sopravvissuti ne portano i segni.

Le factory school sono esistite anche in Australia, dove solo recentemente, negli ultimi anni, il governo ha chiesto scusa agli aborigeni per quella che è conosciuta in tutto il mondo come la “lost generation” (“generazione perduta”, nda.). Una generazione di bambini sottratti alle loro famiglie, alle loro comunità, per essere mandati in centri residenziali lontanissimi da casa, dove gli è stata appunto cancellata l’identità e la cultura. Questa lost generation ha lasciato nella memoria collettiva degli aborigeni delle cicatrici profondissime di sofferenza, dal punto di vista umano e sociale, che poi hanno devastato le società aborigene al punto che oggi purtroppo se ne raccolgono ancora le conseguenze. Una recente indagine ha dimostrato che di tutti i bambini aborigeni che muoiono oggi, circa un quarto muore suicida a causa di questa perdita di punti di riferimento sociali e collettivi.

Sempre recentemente, il Canada ha chiesto scusa per quest’epoca, quest’onta, questa macchia atroce sulla propria storia, rendendo noti i nomi di 2800 bambini indigeni morti nei “collegi residenziali”. Però hanno reso noti i nomi solo in parte, poiché si stima che siano almeno 4000 i bambini morti in questi collegi, ma di molti di loro non si conoscono ancora nemmeno i nomi. Si pensa addirittura che in Canada circa 150.000 bambini siano stati tolti alle loro famiglie per essere portati in queste scuole. Questo fenomeno purtroppo sta tornando, minacciando 2 milioni di bambini indigeni in tutto il mondo. In questo momento il fenomeno è drammatico soprattutto in India dove, tra il 2001 e il 2016, nel solo stato del Maharashtra sono morti almeno 1500 bambini.

In queste scuole enormi i bambini, tolti alle loro famiglie, subiscono un vero e proprio lavaggio del cervello. Non c’è modo migliore per definirlo. Vengono rinchiusi in queste strutture, lontane da casa, dove gli viene proibito di parlare la propria lingua. Gli viene inculcato che il loro stile di vita, la loro cultura, la loro identità, la loro peculiare visione del mondo, è arretrata; che invece l’attività mineraria, lo sfruttamento economico delle loro terre e delle risorse, è una cosa buona. Non sorprende infatti che alcune di queste scuole siano addirittura sponsorizzate o finanziate in modo integrale dalle compagnie minerarie. È il caso, per esempio, di una scuola inaugurata pochi giorni fa in India, frutto della collaborazione fra l’istituto di scienze sociali Kalinga, conosciuto come Kiss,  e Adani, una compagnia mineraria molto controversa, che ha già creato grandi problemi in Australia, oltre che nelle terre indigene dell’India. Kiss vanta la scuola residenziale per bambini indigeni più grande del mondo: ce ne sono tra i 27 e i 30.000. Vedere l’immagine di questi bambini in fila, costretti a recitare dei credi in altre lingue, purtroppo ricorda in modo drammatico le scene del nazismo. Sono realtà drammatiche che noi stiamo contrastando in ogni modo. Survival ha lanciato una campagna importante perché in questi luoghi il controllo dell’educazione indigena venga restituito ai popoli indigeni; per evitare anche le sofferenze inimmaginabili inflitte a questi bambini, che in queste scuole subiscono anche abusi fisici, oltre che psicologici.  Recentemente abbiamo denunciato il caso di una scuola, in India, in cui bambine e bambini indigeni venivano regolarmente stuprati dagli stessi operatori scolastici, dopo averli drogati e sedati. Una situazione drammatica che provoca morti, suicidi e una devastazione culturale, una cancellazione culturale, che dovrebbe essere osteggiata da chiunque abbia a cuore non soltanto il pianeta ma anche tutti i suoi abitanti.

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