Pianeta

Lupi di Roma: ucciso a fucilate uno degli ultimi nati nel branco

Un bracconiere l’ha abbattuto con sette pallettoni da cinghiale. L’Oasi LIPU Castel di Guido, che studia il branco del litorale romano, annuncia l‘uccisione del giovane lupo nato nel 2019: faceva parte della terza cucciolata del branco che ha segnato il ritorno della specie nel territorio della Capitale.

La scena da immaginare è quella di un uomo che percorre un sentiero tra i campi agricoli, tra la via Aurelia e il mare a pochi chilometri da Roma (ancora in territorio comunale) e molto vicino ai centri abitati e ai casali agricoli della zona. È novembre, la caccia è aperta da circa due mesi. Ma l’uomo si trova nel pieno della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano e soprattutto nel mirino ha un lupo. Una specie protetta dalla legge. Inoltre ha in canna una munizione “spezzata”: al posto della palla singola che la legge gli consente per la caccia ad animali di quella taglia (in questa zona essenzialmente i cinghiali), ha caricato l’arma con più pallettoni per aumentare la probabilità di successo. Queste circostanze fanno di lui non un cacciatore, ma un bracconiere. In altre parole un criminale. Il colpo va a segno. Sette pallettoni di piombo entrano nel torace di un giovane lupo, nato poco lontano sei mesi prima.

Infatti l’animale fa parte del branco residente nella Riserva da diversi anni. La LIPU, che gestisce la vicina Oasi di Castel di Guido, monitora la presenza del lupo in questa zona dal 2013, dal primo avvistamento di un maschio adulto. Poi ne sono seguiti altri due; poi una femmina; infine una prima cucciolata, nella primavera del 2017Una notizia di rilievo mondiale: i primi lupi nati a Roma dopo due secoli. Di seguito è stata diffusa la notizia che uno dei cinque cuccioli era nato paralizzato alle zampe posteriori. La sua storia ha commosso tutti, perché il branco non lo abbandonava, ma lo nutriva e lo proteggeva. Poi sono iniziati i problemi e le tragedie. La prima è stata la morte del cucciolo paralizzato, molto probabilmente investito deliberatamente con un’auto, in un viottolo tra i campi. Nel 2018 la seconda cucciolata e l’arrivo nel branco di un nuovo maschio alfa: un ibrido discendente da cani, che poteva rappresentare un pericolo per la conservazione della specie se si fosse riprodotto con la lupa, matriarca del branco.

Il gruppo familiare è andato avanti: il nuovo leader ha accettato i giovani figli dei predecessori che in parte sono rimasti ad aiutare la coppia anche con i nuovi cuccioli nati nella primavera scorsa: sette cuccioli, tutti ibridi. Due “melanici”, cioè scuri come il genitore, ci informa il comunicato dell’Oasi*, e cinque dal tipico manto bruno-rossiccio. Ma la distinzione tra ibridi e puri non conta nulla per questa storia: per la legge e per una “normale” sensibilità umana un lupo ucciso è un lupo ucciso, a prescindere dai suoi geni. È la terza cucciolata di cui faceva parte il giovane lupo di cui stiamo raccontando la fine. Il 26 novembre qualcuno ha visto la sua carcassa, decomposta dopo giorni di esposizione alle intemperie. Poi la segnalazione ai ricercatori della LIPU e alle forze dell’ordine; e tutta la trafila dei rilevamenti e delle analisi che viene raccontata nel post di Facebook che riportiamo integralmente di seguito.

Così, troppo spesso, finiscono i lupi in un paese che, a differenza di altri, ha saputo salvarli dall’estinzione ma spesso volta loro le spalle. Le statistiche dicono che il 50% dei cuccioli italiani non arriva all’età adulta; il 75% sulle Alpi. Certamente succede “anche” per cause naturali; ma che dire di quei 400 lupi che ogni anno perdono la vita a causa dell’uomo? Investiti, avvelenati, presi al laccio, a fucilate, e a volte anche esposti al pubblico, impiccati lungo le strade. Animali tanto nobili e celebrati quanto odiati e lasciati a loro stessi. Esperti e divulgatori non fanno che raccontarne il ruolo chiave di regolatori dell’equilibrio naturale, smentendo dicerie e miti, notizie allarmistiche e campagne d’odio. Eppure, nonostante la tendenza storica che dà i cacciatori italiani in continuo calo, i bracconieri sembrano non mancare mai.

Davanti ai loro fucili o nelle loro trappole non cadono solo i lupi, ma anche cinghiali, cervi, rapaci e milioni di altri uccelli. Persino cani e gatti domestici lasciati liberi o incustoditi. Il Governo sta preparando una legge anti bracconaggio che colpisca più severamente questo crimine contro il patrimonio naturale e contro l’etica umana. Ne abbiamo parlato pochi giorni fa, in occasione del ritrovamento dell’ennesimo avvoltoio morto in circostanze sospette in Sicilia, altra terra afflitta da un bracconaggio molto diffuso. Ma chi sono questi bracconieri, che si aggirano armati tra i campi, sfiorano i centri abitati, e violano i parchi protetti per uccidere animali relativamente innocui e indifesi? Di che altro è capace chi si disinteressa della legge, si muove nell’ombra, pianifica spedizioni, acquista o fabbrica armi e munizioni illegali, dissemina trappole e infine massacra la sua vittima senza rimorso? Che cosa spinge e che cosa gratifica i bracconieri? Sono pericolosi solo per lupi e cinghiali? La speranza è che le indagini arrivino a trovare il colpevole e queste domande trovino risposta.

APPROFONDIMENTOL’intervista a uno dei responsabili del monitoraggio del branco

*Il testo integrale del post comparso oggi sulla pagina Facebook dell’Oasi LIPU Castel di Guido:

Aggiornamento sul branco di lupi del Litorale Romano.

Giovane lupo ucciso con 7 pallettoni da cinghiale all’interno della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano.

Pubblichiamo questo post non solo per darvi un drammatico aggiornamento, ma soprattutto per denunciare duramente e pubblicamente quanto purtroppo ancora oggi, nonostante i numerosi sforzi profusi in questi anni, siamo costretti ad osservare nella nostra area protetta.
Il nostro aggiornamento pubblico arriva circa a due mesi dall’accaduto. In questo modo abbiamo permesso la conclusione delle indagini necessarie, forensi e genetiche e l’invio della dettagliata denuncia alla Procura della Repubblica.

Lo scorso 26 Novembre ci è stata segnalata la presenza di una carcassa di canide nelle campagne ai confini di Castel di Guido, all’interno della Riserva del Litorale Romano.

Arrivati sul luogo in breve tempo, accompagnati dalla Polizia Provinciale, i primi esami su campo ci hanno rivelato ben presto che si trattava con elevata probabilità di uno dei giovani lupi ibridi nati nella primavera scorsa dalla lupa Aurelia e dal maschio ibrido Nerone. La scorsa estate la cucciolata era infatti composta da 7 giovani (come pubblicato nel nostro ultimo aggiornamento), di cui 5 presentavano un fenotipo tipico (wild type, simile alla madre), mentre 2 avevano un fenotipo anomalo più scuro (più simile al padre melanico). Le analisi genetiche svolte dall’IZS di Lazio e Toscana ci hanno confermato nelle scorse settimane la nostra prima impressione. Il giovane rinvenuto senza vita era uno dei due giovani individui melanici nati nel Maggio 2019.
L’appartenenza del giovane lupo morto al branco che monitoriamo da ormai 7 anni veniva confermata nelle settimane seguenti anche dalle immagini delle nostre videotrappole, che non hanno più ripreso il giovane individuo con gli altri componenti del branco.
La notizia, seppur triste, poteva essere considerata “normale”, se si considera che nel lupo si registra una mortalità media di circa il 50% tra i giovani del primo anno (con picchi del 75% nelle aree alpine). Poteva essere considerata normale… Finché la necroscopia effettuata sulla carcassa del giovane lupo ha rivelato la sua causa di morte: 7 pallettoni nel torace (munizione spezzata usata, illegalmente, per la caccia al cinghiale). La grave notizia non solo crea dolore, ma risalta alcune delle enormi contraddizioni che affliggono il nostro paese. Nel 2020 un giovane lupo può essere ancora ucciso a fucilate, per di più in un’area protetta. A tal proposito ricordiamo che il lupo è legalmente protetto nel nostro paese dal 1971, ed è oggi considerato una specie particolarmente protetta in Italia ai sensi della L. 157/92, e a livello europeo ai sensi della Direttiva Habitat e delle Convenzione di Berna. La normativa italiana ne vieta inoltre la cattura e l’uccisione, il disturbo, il possesso, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione (D.P.R. 357/97, art. 8, cc. 1 e 2). La IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) inserisce il lupo appenninico tra le specie vulnerabili.

Violare le norme e le regole stabilite da questi riferimenti normativi significa essere un bracconiere. Bracconiere è chi spara a specie protette, chi caccia in tempi o in aree di divieto, chi caccia con modalità e mezzi vietati, chi cattura illegalmente animali protetti e non. Ancora oggi purtroppo l’Italia è terreno di bracconaggio diffuso. E anche la nostra area non fa eccezione. Un diffuso bracconaggio incide sulla nostra area da anni, soprattutto diretto verso il cinghiale (specie che non gode di particolari regimi di protezione), ma che colpisce spesso anche altre specie, protette e non. Purtroppo ancora oggi gli episodi di bracconaggio restano nella maggioranza dei casi impuniti.

In Italia si stima che circa 400 lupi ogni anno muoiano per cause umane dirette ed indirette. Si tratta di circa il 20% della popolazione presente nel nostro paese. Ed il bracconaggio (tramite arma da fuoco, veleno e lacci) occupa ancora oggi un posto di rilievo tra le cause di mortalità. Nel caso del lupo, il conflitto che porta a simili vigliacchi atti è generalmente dovuto da una parte ai possibili danni (predazioni su bestiame) che la presenza del lupo può creare al settore zootecnico, e dall’altra all’idea antica e smentita dalla scienza (ma purtroppo ancora radicata in parte del mondo venatorio) che vede il lupo come un competitore per i cacciatori. A tal proposito è bene ribadire che proprio recenti studi scientifici dimostrano come le uccisioni di lupi (legali o illegali) non diminuiscono il conflitto con la zootecnia, ma anzi rischiano spesso di inasprirlo a causa della disgregazione sociale dei nuclei familiari, che porta individui solitari a rivolgere le attenzioni preferenzialmente verso prede “facili” come il bestiame non custodito. L’unica reale ed efficace strategia per annullare il conflitto è la prevenzione e la difesa del bestiame tramite cani da guardiania e recinzioni elettrificate.
È inoltre bene ribadire anche che il branco del Litorale Romano, dalle analisi fatte dal 2013 ad oggi, ha una dieta composta per il 94% da cinghiale, ed il conflitto con gli allevatori locali è decisamente trascurabile (pochissimi episodi sporadici).

Con le armi che abbiamo a disposizione noi continueremo a difendere questo territorio e la splendida natura che ospita.
Sottolineando anche la necessità che le autorità competenti alla gestione dell’area protetta svolgano al meglio e celermente i propri doveri istituzionali, ci auguriamo che le nostre attività di informazione, comunicazione, sensibilizzazione, unite ad un severo controllo del territorio, possano permetterci un giorno di non dover più dare aggiornamenti simili. Con l’impegno di tutti, in particolare degli organi di polizia preposti e la collaborazione attiva di ogni frequentatore o residente nella Riserva, si può debellare questa vile pratica e punire adeguatamente chi commette tali atti.

Nell’immagine il giovane rinvenuto morto lo scorso 26 Novembre.

Articoli collegati

Guerra e pace con la Natura. Isabella Pratesi a “Ecosistema”.

Tiziana Tuccillo Giuliano Giulianini

Dal 6 al 13 ottobre la XII edizione de “La Settimana del Pianeta Terra”, il Festival nazionale delle Geoscienze

Giovanni Pierozzi

Tutto pronto per il Summit del Futuro 2024. I giovani al centro del dibattito

Giovanni Pierozzi